Nel mondo di oggi, lo spettacolo sembra essere diventato l’unica misura del successo. Intrattenimento, emozioni immediate, gol e giocate da copertina: il pubblico invoca questo, spesso dimenticando che lo sport non è nato solo per stupire, ma per competere. È competizione pura, fatta di fatica, disciplina e sacrificio. Il Gubbio di Domenico Di Carlo, in questo inizio di stagione, lo sta dimostrando con forza: vincere non significa per forza brillare, ma essere solidi, concreti e pronti a soffrire.
Il Gubbio incarna lo spirito del proprio popolo. Una città che trasuda storia e tradizione, un territorio abituato a difendere le proprie radici con orgoglio, un contesto che conosce il valore della tenacia. Non è un caso che questa identità si rifletta sul campo: una squadra che non arretra di fronte alle difficoltà, che combatte fino all’ultimo pallone, che non ha paura di sporcarsi le mani pur di portare a casa il risultato.
Dopo cinque giornate di campionato, il verdetto è chiaro: tre vittorie, due pareggi, undici punti complessivi. Una sola lunghezza di distacco da Ravenna e Arezzo, attuali capoliste del Girone B. Un ruolino di marcia che conferma il Gubbio come realtà solida e competitiva.
Se è vero che i numeri parlano da soli, sarebbe riduttivo fermarsi soltanto alle statistiche. La mano di Di Carlo è evidente e ha già cambiato volto alla squadra. Rispetto alla passata stagione, quando sotto la gestione Taurino e poi Fontana i rossoblù privilegiavano un calcio basato sul possesso palla, l’attuale Gubbio ha cambiato filosofia.
Oggi la parola d’ordine è verticalità. Giocare diretto, cercare subito la profondità, colpire con rapidità. Una scelta che non solo aumenta l’efficacia sotto porta, ma trascina anche il pubblico, abituato a vedere una squadra che non perde tempo e cerca immediatamente la via del gol.
La concretezza del Gubbio è dimostrata dai risultati. Tre vittorie in campionato, tutte terminate 1-0. La prima contro il Rimini, firmata da Tommasini; la seconda sul difficile campo del Forlì, decisa da capitan Signorini; l’ultima, la più recente, arrivata al “Barbetti” contro il Bra, risolta da Di Bitonto sugli sviluppi di un calcio d’angolo. Un filo conduttore lega questi successi: il Gubbio crea, spreca, ma alla fine trova sempre il modo di portare a casa i tre punti.
Un altro dato che merita attenzione è quello legato alle situazioni di palla inattiva. Gli ultimi tre gol, quelli che hanno portato la bellezza di sette punti, sono nati da calci piazzati: due punizioni e un calcio d’angolo. Segno di un lavoro maniacale, curato nei dettagli, che Di Carlo porta avanti sin dal ritiro.
In una Serie C dove gli equilibri sono sottilissimi, il saper sfruttare le palle ferme è un’arma decisiva. Non è un caso che proprio queste situazioni abbiano fatto la differenza in un avvio di stagione così positivo.
Se la solidità difensiva rappresenta il punto di forza, in attacco il Gubbio ha ancora margini di miglioramento. Nelle ultime due partite, sia a Forlì che contro il Bra, i rossoblù hanno fallito due occasioni clamorose nei minuti finali: prima con Ghirardello, poi con Minta. Occasioni che avrebbero potuto rendere più rotondi i risultati e regalare maggiore serenità. La precisione sotto porta resta dunque un tema aperto, ma non un allarme: il fatto che la squadra crei con costanza è un segnale positivo.
Dove invece non si può muovere alcuna critica è nella fase difensiva. In cinque partite, il Gubbio ha incassato appena due gol, contro Sambenedettese e Perugia. Numeri che certificano la solidità di un reparto guidato con autorevolezza e che coinvolge l’intera squadra. Di Carlo ha chiesto sin dall’inizio un atteggiamento corale: difendere in undici, senza lasciare spazio agli avversari, con gli attaccanti pronti a sacrificarsi. La mentalità è quella giusta: “non subire gol” è diventata una regola incisa nella testa di ogni giocatore.
Forse la frase simbolo di questo Gubbio resta quella di Di Carlo in ritiro: “Voglio vedere in campo dei ceraioli”. Un richiamo diretto alle radici della città, ai protagonisti della storica Festa dei Ceri, emblema di sacrificio, resistenza e fede. E oggi quello spirito è tangibile. La squadra corre, combatte, non arretra mai. È questa la vera forza che il tecnico è riuscito a trasmettere in appena due mesi di lavoro.
Undici punti dopo cinque partite sono un bottino importante, ma nessuno in casa Gubbio vuole illudersi. La stagione è appena agli inizi e le difficoltà arriveranno, inevitabili in un campionato lungo e logorante come la Serie C.
Eppure, la strada intrapresa sembra quella giusta. La squadra ha già mostrato di avere gli anticorpi per reagire ai momenti difficili e la solidità mentale è un fattore che, nel lungo periodo, può fare la differenza. Il Gubbio non sarà la squadra più spettacolare del campionato. Non lo è, e probabilmente non lo diventerà. Ma ha qualcosa che molte altre formazioni non hanno: identità, spirito e capacità di lottare fino in fondo. E alla fine, nel calcio, è spesso questa la vera chiave del successo.