Diciamoci la verità, lui sarebbe il primo a sorriderci, Giuseppe “Peppe” Boccolini era un po’ ipocondriaco. C’era sempre un malanno incipiente, un acciacco trasformato in malattia rarissima di origine ignota, un’analisi preoccupante di cui parlare con gli amici. Stavolta, però, Peppe non ha scherzato, né ha esagerato. Stavolta se n’è andato davvero, in punta di piedi e senza clamore, lasciando stupiti anche i tanti amici e conoscenti che nei decenni avevano imparato tanto della sua umanità e della sua passione.
I funerali di Giuseppe Boccolini si terrano domenica 7 dicembre nella chiesa di Avigliano Umbro.
Aveva 77 anni, era stato segretario della FIOM, il sindacato dell’acciaieria, che un tempo aveva un segretario principale comunista e uno aggiunto socialista o viceversa. Poi aveva fatto tutta la trafila politica nel PSI di Manca, Fatale, Cassetta e Todini, che fu decapitato dalle inchieste della branca ternana di Mani Pulite. Poi, come la Fenice, era tornato a sventolare il Garofano sotto l’effigie dei socialisti democratici che avevano scelto di rimanere a sinistra, durante la diaspora che li divise nella Seconda Repubblica ed era diventato consigliere comunale di opposizione a Ciaurro e poi assessore nelle giunte di Paolo Raffaelli, fino a tornare a sedere sui banchi del consiglio come capogruppo di un’altra lista socialista.
Io lo conobbi, da giovanissimo giornalista in erba, in una piccola emittente locale nei primi anni Novanta, quando ancora il ciclone di Tangentopoli non aveva spazzato via il suo partito, il PSI del garofano craxiano. Dovevo intervistarlo per 50 minuti, perché la segreteria di redazione aveva chiesto un ospite al partito e disponibile c’era lui. Ero nervoso, avevo preparato una cartella di domande, era una delle prime trasmissioni politiche che dovevo realizzare, essendomi occupato fino ad allora soprattutto di Ternana, che stava passando di mano da Gambino a Gelfusa. Lui, sindacalista e politico, ma anche grande tifoso delle Fere mi guardò e mi disse: “Fratello, non ti preoccupare. Se hanno mandato me è perché non ci guarderà nessuno. Alle più brutte, semmai, ci mettiamo a parlare di Ternana”.
La tensione era sparita, anche grazie al sorriso inconfondibile che era spuntato dietro al baffo biondo, poi diventato candido col passare degli anni. Fu così che scoprì l’umanità di Peppe Boccolini, che poi avrei rincontrato tante volte sulla mia strada di giornalista, durante gli eventi che caratterizzarono quell’età dell’oro del socialismo ternano. Come dimenticare le Feste de L’Avanti al parco di Cardeto, la kermesse di UmbriaFiction ideata da Giuseppe Manca, la sua immancabile presenza sugli spalti del Libero Liberati?
Me lo ricordo bene, prima a difendere i “compagni” rimasti coinvolti nelle inchieste della Prima Repubblica e poi a sfidare le urne, ostili in quegli anni verso chi si professava socialista con convinzione, diventando consigliere di opposizione a un totem come Gianfranco Ciaurro che nel frattempo aveva spostato a destra la sua amministrazione, nata come esperienza civica. C’era l’“anatra zoppa” in quegli anni, il Professore non aveva la maggioranza in consiglio comunale. Ma uno come Peppe Boccolini era un avversario prezioso, perché riusciva spesso a far capire ai suoi compagni di viaggio - anche i più oltranzisti - che con l’elezione diretta del sindaco non si poteva sfiduciare chi aveva ricevuto un mandato diretto dagli elettori. E che occorreva trovare una strada di convivenza.
Quelli erano anni in cui i cronisti che seguivano il consiglio comunale sapevano che entrare nell’emiciclo sarebbe stata anche una piccola lezione di come si fa politica con il mestiere della mediazione ed esercitando l’arte del possibile. E poi c’erano i ricordi, gli aneddoti, le gag che Peppe raccontava sulle sue esperienze di sindacalista e di politico, che terminavano sempre con un capannello di persone raccolte intorno a lui e alla sua voce profonda, in attesa della battuta finale che avrebbe scatenato la risata collettiva.
Diventò assessore al traffico, al commercio, al turismo, allo sport con Paolo Raffaelli sindaco di Terni. E ci furono episodi divertenti e vicende drammatiche. La vertenza del Magnetico, che lo riportava alla sua storia sindacale, un malore mentre si trovava a caccia in Romania (altra grande passione della sua vita quella per la doppietta), infine un incidente con l’autista del Comune mentre tornava da una fiera fuori città, che lo costrinse a una lunga degenza in ospedale. “Mi ha salvato San Valentino, mi sono affidato a lui”, diceva a tutti gli amici e conoscenti che lo chiamavano in ospedale per sapere come stesse dopo quella brutta botta. Indimenticabile il periodo in cui in città si dibatteva la possibilità di realizzare una “Città dello sport”, imperniata sulla costruzione di un nuovo stadio Liberati e sulla realizzazione di un progetto immobiliare con la formula del project financing. Allora, a differenza di oggi, la sinistra ternana era motore e regista di quel progetto e Boccolini - in interminabili cene con i dirigenti della Ternana di Luigi Agarini - trattava e dava le carte, cercando di strappare maggiori ritorni alla città.
Nacque dopo quel periodo l’idea della cena delle beffe: due o tre assessori, qualche consigliere comunale più disposto al convivio e alla goliardia senza distinzione di gruppo politico, un gruppo di giornalisti selezionati. Ogni volta usciva fuori uno scherzo memorabile o uno dei partecipanti a turno diventava vittima di qualche simpatico sberleffo. Peppe Boccolini era il motore della serata, il regista del gioco, il fuoriclasse della battuta. Come quella volta che, finita l’esperienza da assessore, era candidato a fare il presidente del consiglio comunale. Ma i partiti del centrosinistra non trovarono l’accordo sul suo nome e lo scranno gli fu precluso. Lui si girò sconsolato verso i cronisti che pendevano dal suo baffo per avere notizie e sentenziò: “Fratelli, mi sono chinato a raccogliere la penna e sono stato violentato”.
Non per questo mancò mai la sua lealtà in consiglio comunale al sindaco Leopoldo Di Girolamo e alla maggioranza. Meno che mai mancò il suo acume politico e il suo contributo alla soluzione dei problemi che insorgevano di volta in volta tra i litigiosi partiti della coalizione. Finita l’esperienza politica, se volevi incontrare Peppe Boccolini sapevi di trovarlo nella stanzetta riservata del ristorante Da Graziano, con gli immancabili amici e sodali di sempre. La tv sempre accesa e una partita di pallone da guardare, meglio se del Milan, della Nazionale e delle Fere. E poi la possibilità di avere in anteprima qualche notizia sulla Ternana, magari direttamente dai calciatori, dagli allenatori e dai dirigenti che passavano dalla cucina di Graziano e Massimiliano.
Ultimamente si era ritirato a Massa Martana, ma spesso lo si vedeva a Terni. Ed ogni volta finiva allo stesso modo, con un abbraccio, un ricordo, un aneddoto e un’esortazione: “Nazare’ (un suo tipico intercalare, ndr), Fratello: stiamo insieme, perché il socialismo è condivisione”.