C’è un prima e un dopo per un paziente umbro che, dopo anni di dolori e limitazioni nei movimenti, potrà tornare a camminare grazie a un intervento chirurgico di eccezionale complessità. È accaduto all’Ospedale San Giovanni Battista di Foligno, dove l’équipe della Struttura Complessa di Ortopedia, diretta dal dottor Giulio Pucci, ha eseguito con successo una revisione protesica d’anca su un caso di grave metallosi, una delle complicanze più difficili da trattare in chirurgia ortopedica.
L’operazione, durata oltre tre ore e mezza, è stata condotta dai dottori Michele Berloco e Andrea Farneti, che hanno affrontato una condizione classificata come Paprosky tipo 3B, tra le più severe nella scala delle lesioni acetabolari.
Il paziente, operato più di vent’anni fa per una protesi totale d’anca, negli ultimi mesi aveva visto peggiorare rapidamente il proprio stato di salute. Dolori intensi, rigidità articolare e difficoltà a mantenere la posizione eretta avevano reso impossibile la vita quotidiana. Gli accertamenti radiografici hanno evidenziato un quadro preoccupante: la componente acetabolare della vecchia protesi si era mobilizzata, e nel tessuto circostante si era sviluppata una metallosi estesa, causata dal rilascio di particelle metalliche dovute all’usura del dispositivo impiantato.
La situazione era aggravata da una massiccia perdita di tessuto osseo e da una migrazione della protesi verso l’alto, elementi che rendevano il caso particolarmente complesso.
“Abbiamo affrontato un caso tecnicamente molto impegnativo - spiega il dottor Michele Berloco - con una qualità ossea estremamente compromessa e un rischio concreto di non riuscire a garantire un ancoraggio stabile alla nuova protesi”.
Di fronte a una tale compromissione, l’équipe ha scelto una strada innovativa: ricostruire l’acetabolo danneggiato utilizzando un innesto osseo eterologo di origine equina, un materiale naturale trattato per renderlo pienamente biocompatibile. Questa tecnica, impiegata solo in pochi centri specializzati, consente di ricostruire porzioni ossee compromesse senza ricorrere a prelievi da altre parti del corpo del paziente, evitando così ulteriori traumi chirurgici.
“La scelta dell’innesto equino - prosegue Berloco - ci ha consentito di evitare prelievi ossei autologhi, che avrebbero comportato ulteriori traumi chirurgici, e al contempo ha offerto una matrice osteoconduttiva ideale per sostenere l’osteointegrazione della nuova protesi, permettendo al paziente una deambulazione con carico relativamente precoce già a poche settimane dall’intervento”.
Dopo aver rimosso la vecchia protesi e ripulito i tessuti dai residui metallici, i chirurghi hanno modellato l’innesto equino per ricreare la cavità articolare e consentire il posizionamento di una nuova coppa protesica cementata, restituendo stabilità e funzionalità a un’articolazione gravemente compromessa.
Il risultato è frutto di una collaborazione multidisciplinare che ha coinvolto ortopedici, anestesisti, tecnici di sala operatoria, infermieri e fisioterapisti, oltre al supporto diagnostico del reparto di Radiologia e alle analisi del laboratorio di anatomia patologica, che ha confermato la diagnosi di metallosi con necrosi dei tessuti molli.
La gestione integrata del caso è un elemento chiave del successo, come spiegano fonti sanitarie interne: solo un lavoro corale e ben coordinato può permettere di affrontare interventi ad altissimo rischio come questo.
Il decorso post-operatorio, inoltre, è stato sorprendentemente rapido: il paziente ha iniziato a muovere l’arto già nei giorni successivi e, a una settimana dall’intervento, ha potuto sostenere un carico parziale sull’anca operata. Dopo la dimissione, il percorso riabilitativo è proseguito presso il Centro SCRIN di Trevi, struttura d’eccellenza per la riabilitazione ortopedica intensiva.
I controlli radiografici successivi hanno confermato la stabilità della nuova protesi e la corretta integrazione dell’innesto osseo, aprendo la strada a un pieno recupero funzionale.
L’ospedale San Giovanni Battista si conferma una realtà capace di attrarre professionalità e casi complessi, operando in sinergia con la rete sanitaria regionale.
“Questo intervento dimostra come nelle strutture pubbliche sia possibile realizzare procedure complesse con risultati eccellenti, grazie all’integrazione tra competenze specialistiche e tecnologie avanzate - ha commentato la Presidente della Regione Umbria, Stefania Proietti - Esprimo il mio ringraziamento a tutti i professionisti che hanno reso possibile questo eccezionale risultato e che contribuiscono quotidianamente a rendere sempre più attrattiva la nostra sanità”.