Il cellulare di Laura Papadia, la 36enne uccisa il 26 marzo scorso a Spoleto dal marito, è stato ritrovato nei giorni scorsi, dopo 3 mesi dalla sua tragiva morte. Gianluca Nicola Romita aveva confessato il femminicidio ma, attraverso il device, le forze dell'ordine potranno fare luce quasi completamente su questa drammatica vicenda, per confermare o escludere la premeditazione.
Il cellulare scomparso di Laura Papadia rappresentava un vero e proprio mistero. Il dispositivo mobile è stato rinvenuto non lontano dal Ponte delle Torri, dove l’uomo, subito dopo l’omicidio della moglie, era stato fermato mentre minacciava di togliersi la vita.
Lo smartphone, un Android, era stato, probabilmente, lanciato da Gianluca Nicola Romita, nel tentativo di disfarsene, ed è stato trovato spaccato in due probabilmente a causa del lancio da un’altezza di circa 80 metri: danneggiato ma ancora con la scheda sim ancora integra.
Aver rinvenuto questo dispositivo mobile potrebbe portare a una svolta nelle indagini? L'attività delle forze dell'ordine punta a chiarire se Romita abbia pianificato o meno l’omicidio. Un elemento ulteriore da considerare, già al vaglio degli inquirenti, è la richiesta di ferie avanzata dal marito di Papadia poco prima del delitto e poi revocata.
Questo cellulare recuperato rappresenta il secondo (utile nelle indagini): nei primi giorni dopo il delitto, infatti, era già stato recuperato anche il telefono dell’uomo, un iPhone, rinvenuto in un’area vicina al fiume Tessino. Entrambi i dispositivi sono ora nelle mani degli inquirenti e della polizia postale che dovranno cercare di trovare elementi utili per confermare o escludere la premeditazione dell'omicidio.
Per l’omicidio della 36enne si trova in carcere il marito, reo confesso, Gianluca Romita. Dall'autopsia sulla salma di Laura Papadia era emerso che la vittima non era incinta.
L'ipotesi che avrebbe scatenato il femminicidio, secondo gli inquirenti, era dovuta al fatto che la donna avesse detto all’ex marito di esserlo, scatenando la sua reazione (ma gli investigatori, come anticipato, non escludono la strada della premeditazione).
Da chiarire ancora alcuni aspetti come appunto l’idea (con una richiesta poi ritirata) di prendersi delle ferie, l’idea di licenziarsi dal lavoro e i tanti soldi nascosti in casa.
Nicola Gianluca Romita, che aveva confessato il delitto, è in carcere con l'accusa di omicidio volontario aggravato. L'uomo aveva chiesto di essere interrogato nuovamente, dopo l'udienza di convalida svolta nel carcere di Spoleto.
Nel corso dell’interrogatorio l'uomo avrebbe confessato: "Le ho messo le mani al collo e lei è caduta - ha confessato - poi ho usato la mantellina per strangolarla".
I litigi derivavano dal desiderio di maternità della donna e dal rifiuto dell’uomo, che aveva già due figli da precedenti relazioni, non era d’accordo. Dai racconti di amici e parenti era emerso anche che l’uomo era geloso, possessivo e con una forte propensione a controllare la vita della moglie.
La coppia viveva da due anni a Spoleto, ma Romita si spostava spesso tra Umbria e Marche. L’uomo, nel primo interrogatorio davanti al giudice aveva chiesto perdono ai familiari di Laura ma anche di non ricordare perfettamente quanto avvenuto quella sera.