“O torna con me o la uccido”. Questo inquietante messaggio, ritrovato nel cellulare di Mark Antony Samson, svela la premeditazione dietro il femminicidio della sua ex fidanzata Ilaria Sula, 22 anni. La giovane studentessa era stata uccisa lo scorso marzo a Roma con tre coltellate al collo e il suo corpo nascosto in una valigia, poi abbandonata in un dirupo nei pressi di via Homs.
Samson, 23 anni, ha confessato il delitto ed è ora accusato di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, dai futili motivi e dal legame affettivo con la vittima, alla luce dei gravi elementi raccolti dagli inquirenti.
Dall’analisi delle chat estrapolate dal telefono di Samson è emerso un chiaro progetto di femminicidio. In uno scambio di messaggi con alcuni amici, il giovane aveva scritto frasi allarmanti come “O torna con me o la uccido”, riferendosi a Ilaria. Tali parole, ora agli atti dell’inchiesta, dimostrano che Samson aveva premeditato l’omicidio qualora l’ex fidanzata non fosse tornata insieme a lui.
Questi contenuti inchiodano l’indagato e hanno spinto la Procura di Roma a contestargli l’aggravante della premeditazione oltre a quelle dei futili motivi e del rapporto sentimentale. Gli inquirenti ritengono dunque che il delitto non sia stato un raptus improvviso, bensì l’esecuzione di minacce già formulate in precedenza. Intanto la comunità ha manifestato profonda indignazione: ai funerali di Ilaria, celebrati a Terni, circa tremila persone hanno gridato “ergastolo” invocando la massima pena per l’assassino.
Nella giornata di oggi, lunedì 7 luglio, Samson è stato nuovamente interrogato dai pubblici ministeri per circa due ore, durante le quali ha risposto alle domande sulle circostanze dell’omicidio. L’indagine è ormai in dirittura d’arrivo: la Procura di Roma si appresta a chiudere il fascicolo e potrebbe richiedere il giudizio immediato nei confronti del reo confesso, ritenendo le prove raccolte già sufficientemente schiaccianti da portare l’imputato direttamente a processo senza passare dall’udienza preliminare.
Sul fronte delle responsabilità, risulta indagata anche la madre di Samson, accusata di concorso in occultamento di cadavere: secondo gli investigatori, la donna avrebbe aiutato il figlio a ripulire la scena del delitto nell’appartamento di via Homs e a disfarsi del corpo di Ilaria. La madre, sentita dagli inquirenti nelle scorse settimane, avrebbe dichiarato di aver agito per timore, trovandosi di fronte un figlio “simile a un demonio” dopo l’omicidio.
Dopo aver commesso il crimine, Samson avrebbe anche tentato di depistare le indagini sfruttando il telefono della vittima. Fingendosi Ilaria, ha inviato messaggi ad almeno un’amica stretta della ragazza per far credere che fosse ancora viva e pronta a compiere scelte azzardate. In una chat del 26 aprile (cioè poche ore dopo l’omicidio, avvenuto a fine marzo), dal cellulare di Ilaria è partito un messaggio rivolto a un’amica: “Sofi, non so se sto per fare una cazz…, ma vado a casa di un tizio che ho conosciuto per strada”.
In realtà a scriverlo era Samson, che si era impossessato dell’identità virtuale dell’ex fidanzata. Questo tentativo di depistaggio, durato poco, era volto a far pensare che Ilaria si fosse allontanata volontariamente con un estraneo, ritardando così l’allarme sulla sua scomparsa. Le conversazioni false, ora acquisite agli atti, costituiscono un ulteriore elemento aggravante a carico di Samson, mostrando la freddezza con cui ha cercato di coprire le proprie tracce dopo il delitto.
Nei verbali dell’interrogatorio di convalida e davanti al giudice per le indagini preliminari, Mark Antony Samson ha reso una confessione agghiacciante, ripercorrendo nei dettagli l’omicidio con lucidità. Stando a quanto confessato, il giovane avrebbe attaccato Ilaria alle spalle nel loro appartamento di via Homs la mattina del 26 marzo, utilizzando un coltello da cucina (lo stesso con cui poco prima insieme avevano tagliato della mortadella) per colpirla due volte al collo. Ilaria, colta di sorpresa, avrebbe avuto appena il tempo di gridare brevemente prima di accasciarsi.
Dopo averla uccisa, Samson ha raccontato di aver infilato il corpo della ragazza in due sacchi della spazzatura che aveva in cucina, quindi di aver ripulito la stanza dalle tracce di sangue. Solo in un secondo momento ha trasferito il cadavere nella valigia e l’ha abbandonata nel dirupo fuori città. Nel descrivere quei momenti, il 23enne ha mostrato un inquietante distacco: “L’ho messa in due sacchi che avevo in cucina. Piano piano stavo realizzando cosa avevo fatto e che era un problema più grande di me. Allora mi sono ricordato di una frase che diceva sempre mio nonno prima di andarsene: ‘A tutto c’è una soluzione, tranne che ai morti’”. Queste parole, riferite dallo stesso Samson agli inquirenti, evidenziano la razionalità gelida con cui ha affrontato le conseguenze del suo gesto efferato.