Una truffa costruita dall'interno e scoperta grazie a un'indagine accurata condotta dal Comando tutela del lavoro dei carabinieri di Terni. A finire nei guai è stata un'ex dipendente dell'Inps, accusata di aver inserito contributi agricoli non dovuti a favore del proprio figlio, alterando il sistema informatico dell'ente previdenziale. La donna ha patteggiato una pena di sei mesi di reclusione e una multa di 400 euro.
Tutto parte da un controllo interno avviato dalla Direzione generale dell'Inps di Roma, nel contesto di una serie di verifiche sulle posizioni assicurative dei lavoratori agricoli. Durante l'analisi, gli ispettori individuano un'anomalia nei versamenti contributivi di un cittadino residente a Terni. La posizione, pur figurando nei registri ufficiali, risulta priva della necessaria documentazione cartacea che ne giustifichi la legittimità. Un campanello d'allarme che ha portato ad approfondimenti immediati.
L'anomalia è stata segnalata al Nucleo ispettorato del lavoro (Nil) dei carabinieri di Terni, che ha avviato un'indagine per ricostruire la genesi di quei contributi. Gli accertamenti, coordinati dalla Procura di Perugia, hanno presto portato all'identificazione della persona responsabile dell'inserimento: si trattava di un'operatrice Inps che aveva lavorato all'interno degli archivi informatici proprio nel periodo interessato.
Secondo la ricostruzione degli inquirenti, la donna avrebbe inserito nel sistema dell'Inps contributi agricoli per il figlio in qualità di operaio a tempo determinato, riferiti agli anni dal 1997 al 2008. In realtà, il giovane non avrebbe mai svolto l'attività dichiarata, risultando quindi privo di qualsiasi titolo per accedere ai benefici previdenziali derivanti da quei versamenti.
Il danno potenziale per l'ente previdenziale è stato quantificato in circa 21mila euro. Una cifra rilevante, che si sarebbe potuta aggravare nel caso in cui le prestazioni fossero state effettivamente erogate.
Al termine delle indagini, i carabinieri del Nil hanno trasmesso gli atti alla Procura di Perugia ipotizzando i reati di accesso abusivo a sistema informatico e frode informatica. La donna ha scelto di patteggiare, evitando il processo: il Tribunale ha accolto la richiesta, comminando una pena di sei mesi di reclusione e una multa pari a 400 euro.
Con la conclusione della vicenda giudiziaria si chiude anche l'inchiesta avviata dalla Procura. Il caso ha mostrato l'efficacia dei controlli incrociati tra le direzioni centrali e le autorità territoriali, in un ambito delicato come quello della contribuzione previdenziale agricola.
In un altro episodio legato al mondo previdenziale, due uomini sono finiti sotto processo con l'accusa di truffa e sostituzione di persona per aver raggirato un pensionato di 74 anni residente a Chieti. Fingendosi funzionari di un ufficio postale e millantando la disponibilità di un rimborso Inps da 3.500 euro, i truffatori hanno convinto l'uomo a effettuare una serie di operazioni presso sportelli Postamat, utilizzando le carte di pagamento sue e della moglie.
Con la scusa di completare l'accredito, sono riusciti a farsi trasferire oltre 7.700 euro. Le indagini dei carabinieri hanno portato all'identificazione dei responsabili grazie al tracciamento delle utenze telefoniche e delle carte prepagate su cui sono confluiti i soldi. Il processo è attualmente in corso presso il Tribunale di Chieti.
I due casi, pur distinti per modalità e contesto, evidenziano un fenomeno sempre più diffuso: le frodi a danno dell’Inps e, più in generale, del sistema previdenziale nazionale. Da un lato, l’abuso interno da parte di chi ha accesso privilegiato alle banche dati pubbliche, come nel caso dell’ex dipendente che ha agito per favorire un familiare; dall’altro, il raggiro ai danni di cittadini ignari, spesso anziani, sfruttando la scarsa familiarità con i servizi digitali e la fiducia nel sistema.
In entrambi gli episodi, le indagini delle forze dell’ordine hanno permesso di ricostruire con precisione i passaggi illeciti e di identificare i responsabili, ma il moltiplicarsi di truffe analoghe impone una riflessione sulla necessità di rafforzare i controlli e migliorare la tutela dei dati e degli utenti più fragili.