“Le temperature estreme mettono a rischio la salute di chi lavora all’aperto. Servono misure urgenti, non solo in agricoltura”. Con questa richiesta, la Fp Cgil Umbria torna a sollecitare interventi mirati e immediati per estendere le tutele contro lo stress termico anche a settori come igiene ambientale e cooperazione sociale, spesso dimenticati nelle strategie di prevenzione.
L’appello dei segretari Michele Agnani e Fabrizio Cecchini arriva mentre la Regione Umbria fa sapere di aver già aggiornato le proprie linee guida per la protezione dei lavoratori dal calore estremo, recependo il documento condiviso dalla Conferenza delle Regioni. Un provvedimento che, nelle intenzioni della presidente Stefania Proietti, punta a colmare il divario tra settore pubblico e privato, e tra comparti già tutelati e altri meno strutturati.
“Abbiamo il dovere di tutelare i lavoratori. La salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro rappresentano un diritto irrinunciabile e una responsabilità collettiva”, ha dichiarato la governatrice dell'Umbria. Definendo le nuove linee guida “uno strumento concreto per affrontare una sfida che non è più emergenziale, ma sistemica”.
La denuncia della Fp Cgil è netta: “Chiediamo urgentemente alle società dell’igiene ambientale e della cooperazione sociale, e alle relative associazioni datoriali, l’adozione di misure preventive e organizzative, come l’aumento delle pause e la rimodulazione dei turni, evitando il lavoro nelle ore più calde”.
Il riferimento è a migliaia di lavoratori esposti, ogni giorno, a temperature superiori ai 35 gradi: chi spazza le strade, chi opera negli impianti di trattamento rifiuti, chi legge i contatori, chi taglia l’erba nei parchi pubblici o si occupa delle pulizie negli ospedali. Una platea eterogenea, spesso con contratti deboli e tutele frammentarie, che la Cgil chiede di includere “con strumenti ad hoc, modulati per settore e specificità”.
“Almeno il 30% di questi lavoratori- spiegano Agnani e Cecchini - rientra in categorie fragili. Parliamo di cooperative in appalto, spesso legate a servizi essenziali per enti pubblici e partecipate”.
L’organizzazione sindacale invoca anche un rafforzamento dei controlli da parte dell’Ispettorato del lavoro e delle Usl, per verificare il rispetto delle norme previste dal decreto 81 in materia di sicurezza: “Serve più ispezione e meno retorica”, è la sintesi.
Con la delibera approvata nei giorni scorsi, la Giunta regionale dell’Umbria ha ridefinito l’intero assetto delle misure di prevenzione legate al caldo. Il documento prevede l’obbligo di valutazione del rischio termico anche con strumenti scientifici come il WBGT e l’uso del portale Worklimate per monitorare in tempo reale l’esposizione.
Tra le indicazioni operative:
rimodulazione degli orari di lavoro nelle ore meno calde
accesso garantito ad acqua, ombra e aree di riposo
obbligo di sorveglianza sanitaria per i soggetti vulnerabili
aggiornamento dei DVR (documenti di valutazione dei rischi) anche negli appalti
La presidente Proietti ha firmato anche un’ordinanza che vieta il lavoro nelle ore più calde (12:30–16:00) durante le giornate ad alto rischio, come da bollettini ufficiali. “Non vogliamo limitarci ai settori già regolamentati come edilizia e agricoltura - ha spiegato- ma spingere verso un approccio trasversale e sistemico, che includa anche la logistica e i servizi”.
Il documento offre inoltre indicazioni operative per intervenire tempestivamente in caso di sintomi da stress termico, e prevede regole specifiche per settori come agricoltura, edilizia e logistica.
Il provvedimento si inserisce in un percorso già avviato a livello regionale: la presidente Proietti ha infatti firmato un’ordinanza che vieta il lavoro nelle ore centrali della giornata, nei giorni in cui è previsto un rischio “Alto” da esposizione al calore secondo i dati ufficiali.
Sul fronte agricolo, il segretario generale della Uila Umbria, Daniele Marcaccioli, denuncia una situazione sempre più grave: “In Umbria l’emergenza caldo sta colpendo duramente le colture primaverili come girasole, mais e tabacco. I lavoratori nei campi operano in condizioni estreme, e gli allevatori registrano un calo nella produzione di latte”.
Netta la posizione del sindacato sulla gestione delle giornate più critiche: “La sicurezza non si compra. È un diritto, non un’opzione negoziabile. Nessuna indennità può giustificare l’esposizione al rischio”.
Marcaccioli sottolinea anche l’impegno dell’Agenzia Forestale Regionale (AFOR), impegnata nella campagna antincendio 2025, “ma servono misure strutturali e coordinamento tra tutti gli attori del sistema, istituzioni, imprese e lavoratori”.
L’Umbria - dunque - si muove, ma i sindacati alzano la voce. L’asticella si sposta dal concetto di emergenza a quello di permanenza climatica. In gioco c’è molto più che un diritto sindacale: c’è la qualità e la sostenibilità del lavoro nei decenni a venire.