02 Oct, 2025 - 15:30

Allarme biodiversità al Trasimeno: specie non autoctone e gestione carente degli habitat minacciano pesca, ecosistemi e comunità locali

Allarme biodiversità al Trasimeno: specie non autoctone e gestione carente degli habitat minacciano pesca, ecosistemi e comunità locali

Il Lago Trasimeno, patrimonio naturale di inestimabile valore e nodo vitale e strategico del tessuto socio-economico regionale, sta vivendo una fase di profonda crisi ecologica che richiede un approccio multilivello e integrato. Non si tratta più di emergenze isolate - fioriture algali, morie di pesci o episodi sporadici di degrado - ma di processi sistemici e interconnessi: l’espansione incontrollata di specie non autoctone, la progressiva eutrofizzazione del bacino, il deterioramento o la scomparsa degli habitat ripariali e sommersi, e i mutamenti climatici che alterano i regimi termici, idrici e stagionali. Questi fattori, agendo in sinergia, producono effetti a cascata sull’intera rete trofica, compromettendo la produttività ittica e incidendo in maniera diretta e consistente sull’economia locale, dalla pesca professionale e sportiva al turismo e ai servizi collegati.

Comprendere appieno la portata di questa crisi richiede di andare oltre l’osservazione superficiale dei singoli eventi, per indagare le dinamiche e i trend di lungo periodo: la composizione e le interazioni delle comunità biologiche, l’evoluzione stagionale delle fioriture algali, lo stato e la distribuzione degli habitat naturali, nonché i livelli di nutrienti e la qualità dei ricambi idrici. Senza una conoscenza sistematica e dettagliata, qualsiasi politica di gestione rischia di rimanere frammentaria, reattiva e sostanzialmente inefficace, incapace di invertire le tendenze di degrado in atto e di garantire la resilienza dell’ecosistema e delle comunità che ne dipendono.

Specie invasive: impatti concreti e criticità normative

Tra gli organismi che hanno profondamente trasformato l’ecosistema del Lago Trasimeno, il gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii) è certamente il più emblematico. Introdotto accidentalmente nella prima decade degli anni 2000, ha rapidamente raggiunto una densità numerica dominante, imponendosi come nuova componente della fauna lacustre. Se da un lato ha generato opportunità economiche legate alla pesca commerciale, dall’altro la sua presenza comporta impatti ecologici rilevanti: scavi dei fondali, predazione su uova e piccoli di pesce e competizione per risorse con le specie autoctone, con conseguente riduzione degli habitat di deposito e delle aree di riproduzione.

Studi e segnalazioni scientifiche evidenziano inoltre la presenza di patogeni sulla sua cuticola - tra cui Aspergillus fumigatus e Fusarium oxysporum - con potenziali ripercussioni sia sulla salute umana sia sull’equilibrio ecologico del lago.

Parallelamente, il rilascio o l’introduzione controllata di storioni e altre specie esotiche solleva interrogativi fondamentali di compatibilità ecologica. Specie non acclimatate o immesse senza adeguate valutazioni preventive rischiano di destabilizzare ulteriormente la rete trofica, generando effetti a cascata che compromettono la sopravvivenza e la riproduzione delle specie autoctone e riducendo la resilienza complessiva dell’ecosistema lacustre. La mancanza di protocolli rigorosi per la gestione, il monitoraggio e la regolamentazione delle introduzioni evidenzia una lacuna normativa significativa, che richiede interventi scientificamente fondati e basati su linee guida condivise, che riescano a coniugare tutela della biodiversità e gestione sostenibile delle risorse ittiche.

Il declino del pescato tradizionale: testimonianze e dati

Da anni pescatori professionisti e amatoriali lanciano segnali di allarme sempre più persistenti: cali significativi di luccio, carassi e tinche, episodi di moria improvvisa e profonde alterazioni nella composizione delle catture.

Tra le cause principali figurano la competizione e la predazione esercitate dalle specie invasive, il degrado degli habitat ripariali e sommersi, e la progressiva diminuzione della qualità delle acque. Le ricadute economiche sono immediate e concrete: riduzione del pescato commerciale, contrazione del reddito stagionale e aumento dei costi legati a pratiche di gestione alternative, strategie di diversificazione della pesca e commercializzazione di specie non tradizionali. Ma il problema non è solo economico: mette in discussione la sostenibilità di un modello di pesca storicamente radicato e rischia di compromettere la cultura ittica e l’identità stessa del Lago Trasimeno.

Qualità dell’acqua e cambiamenti ambientali

Il quadro idrochimico del Lago Trasimeno mostra un deterioramento progressivo e preoccupante, alimentato dall’eutrofizzazione e da stagioni sempre più calde e stabili. Fioriture algali ricorrenti, proliferazione incontrollata di macrofite e ridotta ossigenazione stanno alterando profondamente gli habitat, rendendoli via via meno ospitali per le specie autoctone. Studi recenti (Fabbretto et al., 2024; MDPI) segnalano non solo un aumento delle proliferazioni algali, ma anche profonde modificazioni nella composizione vegetazionale, con conseguente perdita di trasparenza dell’acqua e intensificazione di episodi di anossia notturna. In questo contesto, il controllo rigoroso degli apporti nutritivi e il potenziamento del ricambio delle masse d’acqua emergono come interventi strategici imprescindibili per preservare la biodiversità e la resilienza ecologica del lago.

Gestione e politiche di conservazione: tra strumenti esistenti e criticità operative

La Regione Umbria ha messo a punto diversi strumenti di tutela, tra cui il Piano per la conservazione del patrimonio ittico e per la pesca sportiva (2024–2025), e ha istituito aree protette e siti “no-kill”, come l’Oasi La Valle, con l’obiettivo di favorire il recupero delle popolazioni autoctone e promuovere pratiche di pesca sostenibile. 

Tuttavia, esperti e operatori locali denunciano alcune criticità significative: monitoraggi non sempre capillari, interventi spesso reattivi anziché preventivi e una scarsa integrazione tra politiche agricole, sistemi di depurazione e gestione ittica. L’efficacia complessiva delle misure è inoltre condizionata da risorse finanziarie limitate, capacità tecniche disomogenee e coordinamento interistituzionale insufficiente, rendendo urgente un approccio più organico e strategico.

Lacune strutturali nella gestione del Lago: governance, dati e controllo delle specie invasive

Nonostante la Regione Umbria abbia predisposto strumenti fondamentali - piani di tutela e aree protette - la loro efficacia è ostacolata da tre lacune strutturali:

  1. Governance frammentata. Mancano percorsi stabili di concertazione tra Regione, Comuni, ARPA, ASL, gestori ittici e agricoltori. In assenza di un tavolo permanente con mandate operative condivise, le azioni restano episodiche, reattive e incapaci di affrontare le sfide in maniera sistemica e coordinata.
  2. Dati insufficienti e poco accessibili. Monitoraggi sporadici e pubblicazione non tempestiva dei risultati limitano la capacità decisionale, ostacolano interventi mirati e alimentano diffidenza tra cittadini e operatori. Senza informazioni aggiornate e fruibili, è impossibile valutare con rigore scientifico lo stato di salute dell’ecosistema e progettare strategie efficaci.
  3. Strumenti di controllo delle specie invasive ancora deboli. Programmi di rimozione, controllo e prevenzione - come trappolaggi mirati, gestione commerciale regolamentata e restrizioni sugli spostamenti di organismi acquatici - non vengono applicati con continuità né sottoposti a valutazioni di efficacia a medio-lungo termine. L’assenza di strategie integrate compromette la tutela della biodiversità autoctona e la resilienza dell’ecosistema lacustre.

Le priorità strategiche per il futuro del Trasimeno

Invertire questa tendenza non è più un obiettivo rinviabile, ma una necessità urgente e inderogabile. La sopravvivenza ecologica del lago e la tenuta socio-economica delle comunità che da esso dipendono richiedono un salto di qualità nelle politiche: non misure episodiche, ma azioni integrate, concrete e verificabili, in grado di produrre benefici immediati e garantire resilienza nel medio-lungo periodo. Le priorità d’intervento si articolano lungo direttrici precise e complementari:

  • Monitoraggio scientifico capillare e trasparente: reti di campionamento standardizzate, data-sharing in tempo reale e indicatori biologici per valutare trend della biodiversità.

  • Piano di controllo delle specie invasive: valutazioni di rischio, campagne di contenimento (trapping, rimozione mirata), regolamentazione della commercializzazione e studi su eventuali metodi di eradicazione o contenimento ecocompatibili.

  • Interventi idrici e ambientali: potenziamento della depurazione, fasce tampone, fitodepurazione e interventi per migliorare il ricambio idrico.

  • Politiche agricole sostenibili: incentivi per pratiche a basso input nutritivo e sistemi di gestione del suolo che riducano deflussi e apporto di nutrienti.

  • Governo multilivello e partecipazione locale: tavoli con stakeholder, piani finanziati (inclusi fondi PAC/PSR ed europei), indicatori di performance e audit pubblici periodici.

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Francesco Mastrodicasa
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