21 Nov, 2025 - 19:10

Effetto Topofilia: alla Tenuta di Villa Fassia il metodo che unisce scienza, storia e il “genio dei luoghi”

Effetto Topofilia: alla Tenuta di Villa Fassia il metodo che unisce scienza, storia e il “genio dei luoghi”

C’è stato un momento, oggi, alla Tenuta di Villa Fassia a Gubbio, in cui il silenzio della sala si è fatto improvvisamente denso, quasi palpabile. È accaduto quando Roberta Rio, storica e ricercatrice, ha raccontato il punto di nascita del suo lavoro ventennale: l’Effetto Topofilia, un metodo oggi riconosciuto scientificamente, che sta attirando l’attenzione di architetti, studiosi, antropologi, agronomi, amministratori e semplici cittadini incuriositi dall’idea che “i luoghi non sono solo sfondo, ma attori della nostra vita”.

Il pubblico ha seguito con attenzione, consapevole di assistere non alla presentazione di un libro, ma di un metodo, un percorso che attraversa due volumi e che Roberta Rio definisce senza esitazione “una via”: non nata a tavolino, non frutto di un progetto teorico, ma cresciuta nel tempo grazie a una lunga serie di esperienze, ricerche, incontri e, come lei stessa sottolinea, “grazie alla guida”, come se l’idea avesse trovato lei, e non viceversa.

La nascita di un metodo: tra scienza, intuizione e storia

Rio ha raccontato che tutto cominciò molti anni fa, in un momento di crisi personale, quando la malattia di sua madre la spinse a interrogarsi in modo diverso sul rapporto tra salute e ambiente. In un’edizione del Corpus Hippocraticum trovò un suggerimento disarmante nella sua semplicità: “In caso di malattia cronica, si consiglia di cambiare casa.”
Non spiegava per quanto tempo, né perché. Ma veniva da Ippocrate o dai suoi discepoli: uomini che per tutta la vita avevano osservato come le malattie mutassero da luogo a luogo.

Quella frase diventò una scintilla.
Non essendo medico né biologa, Rio decise di affrontarla con gli strumenti della storica: analizzare i luoghi nel tempo, seguirne la memoria, individuare gli schemi che ritornano. Scoprì così che ogni luogo conserva tracce, sedimentazioni, cicatrici, e che spesso le storie di chi lo abita oggi riflettono eventi accaduti secoli prima. Non per magia, ma per una forma di influenza ambientale, culturale ed energetica che la scienza moderna, oggi, inizia a misurare.

Dalla topofilia all’Effetto Topofilia

Rio distingue sempre la Topofilia, l’amore per i luoghi, dall’Effetto Topofilia, che non è sentimento, ma metodo.
Il primo è un legame affettivo.
Il secondo è un sistema di indagine che, dal 2011, gode di riconoscimento metodologico, proprio perché costruito su analisi storiche, misurazioni scientifiche e riscontri statistici verificabili.

La ricercatrice lo descrive come un ponte: un ponte tra sapere antico e scoperte contemporanee, tra scienza e spiritualità, tra la nostra storia personale e la storia lunghissima dei luoghi che abitiamo. È la logica alla base dell’Istituto Internazionale di Ricerca Scienza e Spiritualità (IRIS), fondato da Rio insieme ad altri studiosi europei per lavorare su queste intersezioni.

“Diventammo miopi quando abbiamo separato scienza e spiritualità”

In uno dei passaggi più forti del suo intervento, Rio ha spiegato come l’Occidente, nel momento in cui ha privilegiato la sola razionalità, abbia perso la capacità di visione d’insieme. La ragione è indispensabile, certo, ma se isolata diventa un faro che illumina pochi centimetri alla volta, lasciando tutto il resto nell’ombra.

L’Effetto Topofilia mira a rimettere tutto insieme: la precisione analitica e la sintesi, la misurazione e l’intuizione, la storia documentata e la memoria ancestrale. Non si tratta di scegliere un campo, ma di ricomporre ciò che è stato separato.

Le tracce dei luoghi: quando passato e presente convivono

Il cuore del metodo è uno: ogni luogo porta in sé una storia che continua ad agire.
Rio lo spiega con semplicità: un appartamento, una casa, un terreno, un quartiere, un museo non sono contenitori neutri. Sono tessuti narrativi. Ciò che è accaduto in un luogo lascia un’impronta che può riemergere nelle vite di chi lo abita.

Durante la presentazione a Villa Fassia, sono emersi esempi concreti: case in cui, per tre generazioni, tutti i proprietari hanno divorziato; altre in cui malattie simili si tramandano come una “tradizione”; aziende che alla terza generazione entrano misteriosamente in crisi; musei costruiti sopra luoghi che un tempo erano spazi di rovesciamento simbolico.

Non sono profezie: sono tendenze statistiche, potenzialità che dipendono da come l’uomo si pone nei confronti del luogo.

Genius loci: lo spirito del luogo chiede gentilezza

Uno dei momenti più intensi della mattinata è stato quando Rio ha invitato il pubblico a chiudere gli occhi e respirare. Un invito a “rientrare nel corpo”, come dice lei, e ad ascoltare il luogo in modo diverso.
Poi ha posto una domanda semplice e sorprendente:

«Quando entri in un luogo, chiedi mai permesso al Genius loci? Lo ringrazi mai per averti accolto?»

Il messaggio è chiaro:
l’Effetto Topofilia è soprattutto un atto di presenza e di rispetto.

I luoghi non sono scenografie, ma entità vive, dotate di un’identità profonda.
Gli antichi lo sapevano, e la chiamavano Genius loci.
La scienza oggi lo conferma misurando, ad esempio, campi energetici, emissioni telluriche, qualità dell’aria, effetti fisiologici misurabili sulle persone.

Dalla storia alla pratica: quando un luogo cambia chi lo abita

L’intervento di Rio è stato costellato di storie, alcune commoventi. Come quella di Maria, contadina al confine tra Carinzia e Stiria, sopravvissuta a sette malattie gravi mentre viveva in un antico campo di battaglia celtico. Quando la perizia rivelò la storia profonda del luogo, Maria non scelse di fuggire: scelse di restare, e di diventare “custode” di quel posto.

Rio dice che questo passaggio — dalla posizione della vittima a quella della co-creatrice — è uno degli effetti più potenti del metodo.

Il metodo come responsabilità e come cura

Ciò che colpisce dell’Effetto Topofilia, ascoltandolo raccontare dal vivo, è che non è una teoria astratta. È un modo diverso di essere nel mondo.

Rio lo ha riassunto così:

«Non possediamo i luoghi, così come non possediamo questo respiro. Possiamo solo prendercene cura.»

Ed è stata forse questa frase a restare sospesa nell’aria di Villa Fassia alla fine dell’incontro: l’idea che abitare significa partecipare, che ogni luogo chiede qualcosa e restituisce qualcosa, e che riscoprire questo legame — tra scienza, memoria, natura e storia — sia un modo per tornare più umani.

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Mario Farneti
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