La First CISL Umbria ha consegnato alla Regione Umbria e ad ANCI Umbria la bozza di Protocollo di intesa per contrastare il fenomeno della desertificazione bancaria. L’iniziativa, guidata dal Segretario Generale Regionale Roberto Contessa, rappresenta un passo decisivo nel tentativo di riportare l’attenzione delle istituzioni su un tema che sta incidendo profondamente sulla vita economica e sociale delle aree più fragili del territorio.
“È un atto di responsabilità verso i cittadini umbri e le loro comunità, un invito concreto alla collaborazione tra istituzioni e parti sociali per ridare servizi essenziali ai territori dimenticati”, ha spiegato Contessa nel consegnare il documento presso l’Ufficio di Presidenza della Governatrice Stefania Proietti, l’Assessorato allo Sviluppo Economico e la Segreteria Generale di ANCI Umbria.
Il documento elaborato dalla First CISL Umbria definisce un metodo di lavoro per coordinare Regioni, Comuni e parti sociali nella creazione di una cabina di regia capace di analizzare il fenomeno e proporre soluzioni operative. L’obiettivo è ambizioso: individuare azioni condivise per fermare la chiusura degli sportelli bancari e garantire a famiglie e imprese il diritto all’accesso ai servizi finanziari di base.
“Confidiamo nell’impegno delle istituzioni – ha aggiunto Contessa – perché il tavolo di lavoro parta presto, nell’interesse dei cittadini e delle famiglie umbre”.
Il protocollo arriva a poche settimane dal convegno del 23 settembre alla Sala dei Notari di Perugia, che ha riunito oltre duecento persone tra rappresentanti istituzionali, sindacali e del mondo economico. Un incontro che ha segnato, di fatto, la nascita di un fronte comune contro la desertificazione dei servizi bancari.
Il quadro delineato dalla First CISL Umbria è allarmante. Nel 2025, circa 53.000 residenti e 3.200 imprese umbre vivono in comuni completamente privi di sportelli bancari o con accesso estremamente limitato. Un dato in crescita del 10% rispetto all’anno precedente, segno di una tendenza che continua a peggiorare.
La desertificazione colpisce soprattutto i piccoli comuni e le aree interne, già provate da isolamento e spopolamento. Non si tratta solo di digitalizzazione, come spesso si sostiene: la causa principale è la strategia di riduzione dei costi e razionalizzazione territoriale adottata dagli istituti di credito.
Nel 1995 le banche con sede legale in Umbria erano 13, oggi sono appena 3. Un crollo che ha lasciato interi territori senza presidi finanziari.
In provincia di Perugia, 19 comuni sono oggi privi di filiali – tra cui Piegaro, Collazzone, Sigillo e Monte Santa Maria Tiberina – per un totale di oltre 25.000 abitanti coinvolti, pari al 4% della popolazione provinciale.
La provincia di Terni presenta una situazione ancora più critica, con 13 comuni senza sportelli e circa 24.000 residenti interessati, pari all’11% della popolazione provinciale. Territori come Montecastrilli, Stroncone e Arrone sono tra i più penalizzati.
Il venir meno dei servizi bancari nei piccoli comuni non è soltanto un disagio logistico. Rappresenta un segnale di marginalizzazione economica e sociale, che spinge famiglie e imprese a spostarsi verso i centri urbani maggiori, aggravando lo spopolamento e la desertificazione economica.
La First CISL sottolinea che senza accesso al credito e ai servizi di prossimità si riduce la capacità delle imprese di investire e si aumenta il rischio di fenomeni illegali legati all’assenza di mediatori creditizi. Inoltre, la chiusura degli sportelli incide sulla coesione delle comunità e sulla fiducia nel sistema bancario.
Per questo, il sindacato propone l’istituzione di osservatori regionali permanenti, classifiche di sostenibilità basate sulla presenza territoriale delle banche e misure vincolanti per impedire l’abbandono dei territori meno redditizi.
Il documento consegnato in questi giorni è un invito al dialogo, ma anche un segnale politico chiaro: la desertificazione bancaria è una questione di equità territoriale, non un semplice tema economico.
Come ha ribadito Contessa, “senza un’azione comune il rischio è che intere comunità restino escluse dal sistema finanziario, con danni irreversibili per l’Umbria e per il suo tessuto produttivo”.
La sfida ora è nelle mani delle istituzioni: trasformare il protocollo in un piano operativo, dare voce ai territori e fermare la ritirata silenziosa delle banche dall’Umbria interna. Una battaglia che riguarda l’intera regione, perché dove mancano sportelli, presto mancano anche opportunità.