In occasione della presentazione al pubblico dell’Associazione Astrofili Eugubini, svoltasi ieri sera, 12 settembre, nella Sala Consiliare di Palazzo Pretorio a Gubbio gremita di pubblico, è stata trasmessa in diretta streaming dalla NASA la partecipazione di uno dei protagonisti del programma spaziale americano: il Dr. Richard Michael Linnehan.
Veterinario, ex astronauta della NASA e veterano di quattro missioni nello spazio – tre delle quali a bordo dello Shuttle – Linnehan vanta oltre 58 ore di attività extraveicolare (EVA) e più di 50 giorni trascorsi in orbita. Ha preso parte ad alcune delle missioni più iconiche della storia dell’esplorazione spaziale, tra cui la manutenzione del Telescopio Spaziale Hubble.
Il suo intervento, stimolato da alcune nostre domande, è stato dedicato all’esplorazione planetaria e ha catturato l’attenzione del pubblico offrendo uno sguardo d’insieme sul presente e sul futuro delle missioni su Marte. Particolare attenzione è stata riservata al lavoro del rover Perseverance e all’importanza cruciale del ritorno dei campioni sulla Terra.
Ho avuto l’opportunità di rivolgergli alcune domande per approfondire le sfide scientifiche e le prospettive di una futura presenza umana sulla Luna e sul pianeta rosso.
Dr. Linnehan, molti si chiedono: una volta che i campioni di Perseverance arriveranno sulla Terra, cosa cercherete per capire se davvero contengono segni di vita passata e non semplici formazioni geologiche?
"Con i primi rover dobbiamo essere davvero abili nel distinguere ciò che è puramente geologico da ciò che può essere un’impronta biologica. Non è banale: le formazioni batteriche possono imitare quelle minerali e viceversa. Per questo dobbiamo affidarci alle conoscenze che abbiamo maturato sulla Terra, per esempio sul comportamento delle alghe azzurre e sull’evoluzione delle prime forme di vita."
Quale sarà la base scientifica per interpretare ciò che vedrete?
"Useremo la genetica, la microbiologia e lo studio delle colonie batteriche terrestri come punto di partenza. Sappiamo come gli organismi unicellulari si sono evoluti, come vivono, che strutture creano. Tutto questo ci aiuterà a capire se ciò che osserviamo in un campione marziano è frutto di processi biologici o di semplice chimica inorganica."
Si parla molto della missione di sample return. È davvero così decisiva?
"Portare i campioni sulla Terra è fondamentale: qui abbiamo i migliori laboratori, strumenti sofisticatissimi e competenze distribuite in tutto il mondo. Ma, lo dico sempre, avere esseri umani sul posto sarebbe ancora meglio: nessun robot può sostituire l’intuito e la flessibilità di un geologo in carne e ossa."
Quindi lei auspica una presenza umana su Marte?
"Assolutamente sì. Forse alcuni dei ragazzi che avete nel vostro club di astrofili avranno l’età giusta per essere tra i primi a metterci piede. È un passo necessario se vogliamo rispondere alla domanda più grande: c’è stata vita su Marte?"
Prima di Marte, però, la NASA guarda alla Luna. Perché?
"Quando entrai nel programma spaziale nel 1992, mi dissero che saremmo tornati sulla Luna entro cinque anni. Sono passati 35 anni e non ci siamo ancora tornati davvero. È fondamentale stabilire una base lunare, far sì che scienziati di tutto il mondo possano andare e venire su base rotazionale. La Luna è il nostro laboratorio naturale: ci permette di testare le tecnologie, i sistemi di supporto vitale, le procedure di estrazione delle risorse, tutto ciò che ci servirà per una missione su Marte."
Cosa occorre costruire per dimostrare una volta per tutte se su Marte c’è stata vita?
"Dovremo creare laboratori adatti a eseguire analisi complesse sul posto, per non dipendere solo dai tempi di trasporto dei campioni. Servirà un’infrastruttura che consenta di proteggere i materiali da contaminazioni terrestri e viceversa. Solo così potremo avere prove inconfutabili."
E lei, personalmente, crede che ci sia stata vita?
"La mia opinione personale è che sì, credo che su Marte ci sia stata vita. Ma senza dati concreti possiamo restare solo nel campo delle congetture. Dobbiamo continuare a cercare con metodo scientifico e mente aperta."
La serata eugubina ha rappresentato un raro momento di divulgazione scientifica di alto livello. La presenza di un astronauta del calibro di Linnehan ha offerto agli astrofili locali e agli studenti un contatto diretto con chi ha vissuto lo spazio e contribuito a preparare il futuro dell’esplorazione umana.
Il messaggio è stato chiaro: il ritorno alla Luna non è un sogno, ma un passo necessario, e i giovani di oggi potrebbero essere i protagonisti di una nuova era di esplorazione, quella che porterà l’umanità su Marte.
L’intervento di Richard M. Linnehan ha lasciato un segno: entusiasmo, consapevolezza delle difficoltà, ma anche una grande fiducia nella collaborazione internazionale e nella prossima generazione di scienziati ed esploratori.
L’idea di una base lunare permanente, popolata da scienziati in rotazione, non è più fantascienza. È il banco di prova per imparare a vivere e lavorare su un altro corpo celeste, per poi spingersi ancora più lontano.
Come ha concluso Linnehan, "solo allora saremo davvero pronti per andare su Marte, osservare quelle rocce da vicino, raccogliere i campioni giusti e finalmente rispondere alla domanda che ci accompagna da sempre: siamo soli nell’universo?"