11 Nov, 2025 - 12:30

Criptovalute, presunta truffa milionaria in Umbria. 25 persone coinvolte, la indagini partite da Cascia

Criptovalute, presunta truffa milionaria in Umbria. 25 persone coinvolte, la indagini partite da Cascia

Un giro di quasi 37 milioni di euro, 25 le persone coinvolte e individuate dalla Procura di Spoleto che indaga sulla presunta maxi truffa delle criptovalute in Umbria. La prima di questa portata mai scoperta nel cuore verde d'Italia e una delle più ingenti in assoluto in Italia. A capo dell'organizzazione ci sarebbe un informatico di Cascia e proprio dalla città di Santa Rita hanno preso il via le indagini.

Una ventina di denunce portano a galla la presunta truffa milionaria

A riportare la notizia in prima battuta è stato il TgR dell'Umbria. Sul piatto ci sono 36,8 milioni di euro messi insieme da 30mila investitori da ogni parte del globo, che non avrebebro mai visto tornare indietro neanche un euro. Eppure a presentare denuncia sono stati un ristretto gruppo di una ventina di persone che hanno fatto scattare le indagini da parte della Guardia di Finanza. 

25 sono gli indagati nell'inchiesta chiusa dalla procura di Spoleto al termine di un lavoro che ha richiesto anni e ha visto all'opera i nuclei speciali di polizia valutaria di Milano, Roma e Perugia e della Guardia di Finanza del capoluogo umbro.

Come funzionava la truffa

L'organizzazione commerciava in DT coin, promettendo rendimenti altissimi, con interessi fra il 5 e il 12% in base dell'entità dell'investimento. Il valore della criptovaluta veniva garantito prima con i diamanti e poi con il commercio dei Big Data. Nessuno dei clienti è mai riuscito a rientrare in possesso del denaro investito e il raggiro è andato avanti per un bel pezzo con i responsabili del sistema che nel frattempo prospettavano anche la prossima quotazione in Borsa dell'azienda madre. 

A quanto pare si trattava di una società di tipo piramidale dove di certo c'era che chi era al vertice si arrichiva e sembra non abbia avuto neanche alcun timore nel mostrarlo spudoratamente. Tutti quei milioni raccolti sono stati spesi dai presunti truffatori non per generare guadagni per chi in buona fede si era affidato a loro, bensì per i propri scopi personali. Come? Nei grandi classici: beni di lusso, come auto costose, barche, moto ma anche in case, aziende all'estero, fondi speculativi, polizze assicurative e in altre criptovalute.

La rete truffaldina era bene organizzata e reclutava investitori che poi raggirava per tramite di un complesso sistema virtuale composto da più piattaforme come siti internet, app e canali Telegram che promuovevano l'acquisto del DT Coin. La società madre aveva sedi in Italia, Inghilterra e Malta. A capo è stato individuato un informatico romano residente a Cascia, nel cuore dell'Umbria.

I reati contestati

Le indagini, condotte dalla Procura di Spoleto, il procuratore capo Claudio Cicchella e i sostituti Michela Petrini e Roberta Del Giudice, si sono concluse in questi giorni con la notifica dell'avviso ai 25 indagati. A loro vengono contestati una lunga serie di reati: truffa aggravata, abusivisimo finanziario, autoricilaggio e appropriazione indebita. 

Molti gli aspetti ancora da chiarire sulla vicenda. A partire dall'estensione rete degli investitori molto ampia rispetto alle sole circa venti persone che hanno denunciato e ai 25 che risultano indagati. 

Criptovalute, cosa sono

La criptovaluta non è una moneta fisica, ma virtuale. La sua sicurezza si basa appunto sulla crittografia della blockchain che ne impedisce la contraffazione, ovvero garantisce che il loro possessore sia unico. Attualmente ne esistono circa 10mila tipi diversi, che di solito vengono impiegate come metodi di pagamento online nei circuiti esterni a quelli bancari.

Rispetto alle monete emesse dagli Stati, le criptovalute sono gestite dai privati dal momento che non esiste un'entità centrale che vigila su di esse. Ed è qui che si innesta potenzialmente la truffa, proprio come nel caso di cui sopra.

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Sara Costanzi
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