02 Oct, 2025 - 13:30

Contratti pirata in Umbria: 1.500 lavoratori coinvolti, Confcommercio lancia l’allarme su salari e tutele

Contratti pirata in Umbria: 1.500 lavoratori coinvolti, Confcommercio lancia l’allarme su salari e tutele

Il fenomeno dei contratti pirata non risparmia l’Umbria. Secondo i dati diffusi dall’Ufficio Studi di Confcommercio, sono 1.515 i lavoratori della regione impiegati in settori strategici come commercio, turismo e pubblici esercizi con accordi peggiorativi, siglati da sigle minori non realmente rappresentative. Una quota pari al 2,3% degli occupati nei comparti interessati, su un totale di oltre 65 mila dipendenti.

Il quadro regionale, pur migliore della media nazionale (3,51%), mostra criticità significative. Nel dettaglio, la provincia di Terni si colloca al 42° posto nella graduatoria nazionale con il 2,9% di contratti pirata, mentre Perugia è al 48° con il 2,11%.

Il confronto con altre aree del Paese è netto: a Vibo Valentia, maglia nera nazionale, quasi un lavoratore su quattro è soggetto a contratti di questo tipo (26,46%). All’opposto, Treviso si ferma a un modesto 0,37%.

Perché i contratti pirata sono una minaccia per i lavoratori e per le imprese corrette

Il tema non è soltanto sindacale, ma tocca la qualità del lavoro e la stabilità delle imprese. I contratti pirata determinano una riduzione delle retribuzioni fino a 8.000 euro lordi annui rispetto al CCNL Confcommercio, oltre a tagliare drasticamente ferie, permessi, indennità e strumenti di welfare.

Inoltre, producono concorrenza sleale: le aziende che rispettano le regole si trovano svantaggiate rispetto a chi abbatte i costi sul lavoro. Il risultato è un dumping contrattuale che erode la competitività sana del mercato e impoverisce il tessuto produttivo.

Le conseguenze per i lavoratori sono concrete: integrazioni per malattia ridotte al 20-25% contro il 100% previsto dal contratto di riferimento, meno scatti di anzianità, assenza di previdenza integrativa e condizioni di flessibilità estrema senza garanzie.

La posizione di Confcommercio Umbria e l’appello a un’azione comune con i sindacati

Il presidente di Confcommercio Umbria, Giorgio Mencaroni, ha espresso preoccupazione: “I contratti pirata non fanno bene a nessuno: danneggiano i lavoratori, privano le imprese corrette di condizioni eque di mercato e minano la qualità complessiva dell’occupazione. Serve intervenire con urgenza, rafforzando il principio della rappresentatività e promuovendo contratti collettivi di qualità che garantiscano tutele adeguate e welfare integrativo”.

Mencaroni ha annunciato che Confcommercio Umbria avvierà a breve un tavolo di confronto con le organizzazioni sindacali, per individuare strategie condivise e contrastare un fenomeno che rischia di estendersi ulteriormente anche sul territorio regionale.

Un fenomeno che indebolisce il sistema produttivo e rischia di compromettere la ripresa economica

I contratti pirata non si limitano a colpire i lavoratori più fragili. La loro diffusione crea un effetto a catena che mina la fiducia nelle regole e frena gli investimenti. Se il costo del lavoro viene abbattuto artificialmente, l’intero sistema economico perde solidità e attrattività.

La sfida per istituzioni, imprese e parti sociali è quella di rafforzare la contrattazione collettiva qualificata, evitando che sigle minori, prive di effettiva rappresentanza, possano condizionare il mercato del lavoro.

In Umbria il fenomeno appare sotto controllo rispetto ad altre regioni, ma i segnali di allarme sono chiari. I settori interessati - commercio, turismo e pubblici esercizi - rappresentano assi portanti dell’economia locale, e l’espansione dei contratti pirata rischierebbe di incidere sulla stessa tenuta del modello di sviluppo regionale.

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Federico Zacaglioni
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