Dal barattolo alla basilica, dal lievito madre al restauro architettonico: tutto ruota attorno a una sola parola, conservare. Dopo il successo della prima edizione, il Salone nazionale dell’arte della conservazione “Conserva” torna a Spoleto ampliando la propria visione. Quest’anno, accanto al tema dell’alimentazione, entrano in dialogo i beni culturali, in un racconto unitario dove cibo, memoria, paesaggio e arte si intrecciano come parti di un medesimo patrimonio da custodire. Fulcro della manifestazione sarà il Complesso monumentale di San Nicolò, che per tre giorni diventerà un vero laboratorio diffuso di esperienze: mostre, talk, degustazioni e workshop con esperti e protagonisti del settore provenienti da tutta Italia.
Alla base di Conserva vi è un’idea tanto semplice quanto ambiziosa: riconoscere nel tempo, nella cura e nel sapere manuale i fondamenti della sostenibilità. "Principi che accomunano la conservazione del cibo e quella di un’opera d’arte" - spiega Anna Setteposte, ideatrice e curatrice dell’evento - "perché entrambi richiedono attenzione, equilibrio e capacità di rigenerazione".
L’iniziativa, presentata a Perugia dall’assessore al turismo Giovanni Maria Angelini Paroli e dal direttore del GAL Valle Umbra e Sibillini Davide Fongoli, intende stimolare un dialogo pubblico sul valore della conservazione come gesto culturale e civile: dalla lotta agli sprechi alla valorizzazione dei saperi artigiani, dalla filiera alimentare alla tutela del patrimonio artistico.
Il programma si articola in laboratori pratici, talk divulgativi, visite guidate e aperture straordinarie dei luoghi storici della città. Tra gli eventi di punta figurano i workshop di Carlo Nesler, esperto di fermentazioni naturali, che condurrà esperienze sensoriali su lieviti, kefir e fermenti vegetali, e gli incontri con l’agronomo Daniele Paci, dedicati alla sicurezza alimentare e alle buone pratiche di conservazione domestica.
La mostra-mercato ospiterà produttori e aziende selezionate impegnate nella ricerca e nell’innovazione nel campo dell’autoproduzione e della trasformazione alimentare. Percorsi sensoriali e degustazioni guidate permetteranno ai visitatori di toccare con mano la filiera della qualità e di riscoprire il legame tra gusto, territorio e tradizione.
Cuore simbolico della manifestazione sarà la rassegna “conservArte”, curata da Adelinda Allegretti in collaborazione con l’Istituto Italiano Design. In esposizione alcune delle più iconiche serigrafie della serie Campbell’s Soup di Andy Warhol, affiancate ad opere di Botero, Kusama, Banksy e Wesselmann. Un percorso che invita a riflettere sul valore della materia e della memoria nell’epoca della riproducibilità, ponendo in dialogo l’atto del conservare con la dimensione artistica della reinterpretazione.
Conserva non è solo un salone tematico, ma un laboratorio sociale in cui tradizione e innovazione si incontrano per disegnare nuovi modelli di tutela. Il dibattito si estende dalle tecniche di restauro alla rigenerazione urbana, dalle pratiche agroalimentari sostenibili alle sfide del turismo responsabile. "L’Umbria - ha sottolineato l’assessore Angelini Paroli - è sempre più meta di un turismo consapevole, attento ai valori del territorio e alle esperienze autentiche. Conserva rappresenta un’occasione per riscoprire il legame tra cultura materiale e patrimonio immateriale".
Il salone si rivolge a un pubblico eterogeneo: cittadini, produttori, restauratori, ricercatori, operatori culturali e studenti. Le attività offriranno strumenti concreti per chi intende avviare processi di autoproduzione sostenibile o approfondire le metodologie di conservazione dei beni culturali. L’obiettivo è costruire reti permanenti tra istituzioni, imprese e comunità locali, affinché le pratiche virtuose sperimentate in Umbria possano diventare modelli replicabili a livello nazionale.
Per tre giorni Spoleto diventerà un crocevia di idee, esperienze e contaminazioni positive.
"Conserva" invita a ripensare la conservazione come gesto quotidiano e collettivo: preservare ciò che ci nutre, ciò che ci racconta e ciò che ci unisce. Nel tempo lento della cura e nella qualità delle relazioni si riflette la possibilità di un futuro più equilibrato, dove la memoria diventa materia viva e la sostenibilità si traduce in cultura condivisa.