02 Sep, 2025 - 12:45

Congedo parentale in Umbria, lento avvicinamento alla genitorialità paritaria nei dati dell'AUR

Congedo parentale in Umbria, lento avvicinamento alla genitorialità paritaria nei dati dell'AUR

Verso una genitorialità paritaria e più equa in Umbria? Il quesito emerge con forza dal paper di analisi curato da Mauro Casavecchia, Responsabile della sezione Processi e politiche dell’innovazione e dello sviluppo locale dell’Agenzia Umbria Ricerche (AUR). L’istituto ha raccolto numeri e tendenze sul ricorso al congedo parentale, uno strumento che dovrebbe favorire l’equilibrio tra vita familiare e lavoro ma che, nei fatti, riflette ancora un sistema profondamente sbilanciato.

La radice della disparità resta evidente: avere figli rappresenta il principale fattore di divario tra uomini e donne nel mercato del lavoro. In Umbria, tra chi vive da solo, lavora il 69,3% delle donne e oltre il 77% degli uomini. Ma se si guarda alle coppie con figli, il tasso di occupazione femminile precipita al 57,2%, mentre quello maschile sale fino all’86,3%. Una forbice di quasi trenta punti percentuali, che traduce la cosiddetta motherhood penalty in dinamica concreta e penalizzante.

“La genitorialità è ancora un’esperienza profondamente asimmetrica – spiega Casavecchia e l’impatto si riflette soprattutto sulle madri, che pagano un prezzo in termini di lavoro, reddito e opportunità di carriera”.

Congedo parentale: più padri lo utilizzano, ma il carico resta sulle madri

Il congedo parentale, disciplinato dal Testo Unico in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità, è nato per favorire la conciliazione vita-lavoro. In Umbria, il suo utilizzo ha vissuto un picco durante la pandemia, quando scuole e asili chiusi hanno costretto migliaia di famiglie a gestire figli piccoli senza alcun supporto esterno. Non sorprende che, in quel periodo, siano state soprattutto le madri a farsene carico, con un impatto pesante sulla loro permanenza nel mercato del lavoro.

Le riforme successive hanno provato a correggere la rotta. La legge di bilancio 2023 ha portato l’indennità dal 30 all’80% della retribuzione per i primi mesi, riducendo la penalizzazione economica per le famiglie e incentivando un maggiore coinvolgimento dei padri. Il risultato? Nel 2023 in Umbria un padre ogni tre madri ha usufruito del congedo, un incremento rispetto al 2021, quando la proporzione era di uno a quattro.

Il dato, pur lontano dalla parità, segna un passo avanti. Ancora più marcato è il cambiamento nelle aziende con oltre 50 dipendenti: qui la quota di padri beneficiari è salita dal 35 al 42,6% tra il 2021 e il 2023.

“Le grandi imprese hanno più strumenti per sostenere politiche di welfare e genitorialità condivisa – osserva Mauro Casavecchia – mentre nelle piccole realtà l’assenza di un dipendente pesa maggiormente e la cultura della condivisione è meno diffusa”

Retribuzioni e dimissioni: i numeri di un divario che resta profondo

La fotografia AUR non si limita al ricorso ai congedi, ma allarga lo sguardo alle retribuzioni e alle conseguenze occupazionali. In Umbria, la differenza media annua di salario lordo tra uomini e donne nelle imprese sopra i 50 addetti è di 8.634 euro, mentre il gender pay gap orario medio è del 6,3%, con punte oltre il 25% tra i dirigenti.

Un altro indicatore arriva dai dati dell’Ispettorato del Lavoro. Nel 2024, il 21,1% dei padri umbri ha lasciato il lavoro per motivi di cura dei figli, in crescita rispetto al 16,7% dell’anno precedente. Una percentuale lontanissima dal 77,5% delle madri che hanno compiuto la stessa scelta, ma che fotografa un cambio culturale in atto, soprattutto tra le nuove generazioni e nelle famiglie con maggiore livello di istruzione.

Congedo parentale come leva di cambiamento: opportunità e criticità

Il quadro tracciato da AUR mette in evidenza un punto cruciale: il congedo parentale rimane un indicatore delle persistenti disuguaglianze di genere, ma può anche rappresentare la leva per superarle. Oggi, le madri continuano a reggere la gran parte del carico, eppure i segnali di una maggiore partecipazione maschile, seppur minoritaria, sono tangibili.

In Umbria, l’aumento delle richieste da parte dei padri nelle aziende strutturate e la crescita delle dimissioni legate alla cura da parte maschile raccontano un fenomeno in trasformazione. Non una rivoluzione, ma un processo lento, che riflette anche un’evoluzione sociale e culturale.

“Il congedo parentale – conclude Casavecchia non è solo uno strumento tecnico, ma un banco di prova per misurare la volontà collettiva di costruire una genitorialità più equa”.

La sfida resta aperta: trasformare un diritto in prassi condivisa, superando ostacoli economici, culturali e organizzativi. Un terreno dove l’Umbria, con i suoi dati e le sue criticità, si presenta come laboratorio e specchio di una questione che riguarda l’intero Paese.

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Federico Zacaglioni
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