14 Nov, 2025 - 15:36

Concorso truccato all’aeroporto di Assisi: condannati tre commissari per falso ideologico e manipolazione delle procedure

Concorso truccato all’aeroporto di Assisi: condannati tre commissari per falso ideologico e manipolazione delle procedure

La Corte d’Appello di Perugia ha ribaltato la sentenza di primo grado, condannando tre pubblici ufficiali a sei mesi di reclusione ciascuno per falso ideologico in atto pubblico. La vicenda riguarda la procedura concorsuale per l’assunzione a tempo determinato di un operatore aeroportuale presso “Umbria International Airport San Francesco d’Assisi”. La sentenza, pronunciata l’11 novembre, riforma integralmente l’assoluzione del Tribunale di Perugia del 2023, quando gli imputati erano stati prosciolti “perché il fatto non sussiste”.

Concorso truccato ad Assisi: accusati tre commissari di aver attestato il falso per favorire un candidato

I fatti risalgono al 2018, quando fu indetta la selezione pubblica per l’assunzione di un operatore unico aeroportuale presso “Umbria International Airport San Francesco d’Assisi”. Secondo l’accusa, ripresa dalla Procura Generale e confermata dalla Corte d’Appello, il presidente e gli altri due membri della commissione avrebbero attestato nei verbali ufficiali l’assenza di qualsiasi causa di incompatibilità tra i candidati.

In realtà, tra gli aspiranti figurava il figlio di uno dei commissari, poi risultato vincitore della procedura. La Corte ha ritenuto che la dichiarazione della commissione fosse falsa e che tutti e tre i membri fossero pienamente consapevoli della violazione.

“La presenza del congiunto nella lista degli ammessi, unita alla sua successiva vittoria, rende incompatibile la dichiarazione della commissione relativa alla neutralità dell’esame delle candidature”, sottolineano i giudici.

Il ribaltamento della sentenza di primo grado: certificata la falsificazione della regolarità procedurale

In primo grado, il Tribunale di Perugia aveva assolto gli imputati, ritenendo non dimostrata la loro condotta illecita. La Corte d’Appello ha invece sottolineato come la redazione e la sottoscrizione dei verbali, attestanti falsamente la regolarità della procedura, costituiscano un atto pubblico ideologicamente falso. 

Secondo i giudici, i tre commissari hanno operato in pieno coordinamento, perseguendo un “medesimo disegno volto a certificare un contesto privo di criticità che, al contrario, era presente in modo evidente”, compromettendo in tal modo la trasparenza e la regolarità dell’intera procedura di selezione.

Concorso truccato e atti falsi: la Corte d’Appello ricostruisce il disegno coordinato e la condotta illecita dei commissari

Nella motivazione, la Corte d’Appello individua come elementi probatori centrali la coincidenza tra l’inserimento del congiunto nella rosa degli ammessi e la sua successiva aggiudicazione del posto. Tali circostanze, sottolineano i giudici, risultano "incompatibili" con l’attestazione di assenza di conflitti d’interesse o situazioni di incompatibilità formalmente riportata nei verbali della commissione.

Sottoscrivendo quei verbali, i membri della commissione "avrebbero conferito piena ufficialità a una dichiarazione non corrispondente al vero", integrando dunque gli estremi del reato di falso ideologico in atto pubblico. La Corte pone inoltre l’accento sulla dimensione volontaria e coordinata della condotta: "La consapevolezza comune dei tre pubblici ufficiali e la volontà di procedere in modo coordinato - si legge nella motivazione - configurano la falsità dell’atto e la responsabilità penale dei commissari"

Alla luce di tale ricostruzione, i giudici hanno ricollegato la falsità formale dei verbali alla responsabilità penale individuale dei loro firmatari, ribadendo il principio secondo cui la veridicità degli atti rappresenta uno snodo imprescindibile per la legittimità delle procedure selettive pubbliche.

Profili giuridici e conseguenze: condanna, ricorso e riflessi sulle procedure concorsuali

La condanna inflitta a ciascun imputato costituisce, per la Corte d’Appello, la conferma della responsabilità penale diretta dei componenti della commissione per il reato di falso ideologico in atto pubblico. La pena è impugnabile davanti alla Corte di Cassazione, che potrà ora pronunciarsi sul punto e sull’interpretazione degli elementi probatori.

Sul piano amministrativo, la pronuncia può innescare accertamenti disciplinari e verifiche sul regolare svolgimento della procedura concorsuale, con possibili ricadute sulla validità della graduatoria e su eventuali atti correlati: tali adempimenti spettano agli enti titolari della selezione e agli organi di controllo.

Più in generale, la sentenza assume un valore emblematico per l’intero panorama delle procedure selettive pubbliche, stabilendo un precedente sul piano giuridico e richiamando con forza l’esigenza di trasparenza, rigore e strumenti efficaci per prevenire conflitti di interesse all’interno delle commissioni giudicatrici.

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Francesco Mastrodicasa
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