Un sistema criminale sofisticato, silenzioso e ramificato oltre i confini nazionali. È questo il quadro che emerge dall’operazione condotta nelle ultime ore dalla Guardia di Finanza di Perugia, che ha portato all’esecuzione di misure cautelari nei confronti di quattro persone ritenute coinvolte, a vario titolo, in un’organizzazione dedita al traffico di cocaina. Un’indagine lunga, complessa e altamente tecnologica che ha svelato un meccanismo oliato, capace di muovere droga, denaro e mezzi rubati con estrema rapidità, eludendo controlli e intercettazioni.
Su richiesta della Procura della Repubblica di Perugia, il Giudice per le indagini preliminari ha disposto l’applicazione di misure cautelari personali nei confronti di quattro indagati, sottoposti all’obbligo di presentazione quotidiana alla polizia giudiziaria e all’obbligo di dimora nei Comuni di abituale residenza. Secondo l’ipotesi accusatoria, i soggetti farebbero parte di un’associazione criminale strutturata, finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, in particolare cocaina.
Il gruppo sarebbe composto da tre cittadini di origine albanese, residenti tra le province di Lecco e Perugia, e da un cittadino italiano domiciliato nella provincia di Napoli. Profili diversi, ma uniti - secondo gli investigatori - da un vincolo stabile e da una divisione precisa dei ruoli all’interno dell’organizzazione.

Le indagini affondano le radici nel 2022, quando la Sezione G.O.A. del G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Perugia intercetta un episodio di spaccio apparentemente marginale. Un dettaglio che, col tempo, si rivela la punta di un iceberg molto più vasto. Da lì prende avvio un’attività investigativa articolata, basata su intercettazioni telefoniche e ambientali, sistemi di localizzazione satellitare e tradizionali servizi di osservazione, appostamento e pedinamento.
Un lavoro paziente che consente di ricostruire l’operatività di un sodalizio criminale con caratteristiche piramidali, attivo stabilmente nell’area perugina e collegato a canali di rifornimento internazionali.
Secondo quanto emerso, a capo dell’organizzazione vi sarebbe un cittadino di origine albanese, indicato come il coordinatore delle attività di approvvigionamento e distribuzione della cocaina. Sarebbe stato lui a gestire i contatti con i fornitori e a dirigere le fasi più delicate dello smercio, avvalendosi della collaborazione di connazionali operanti non solo tra Perugia e Grosseto, ma anche all’estero, in particolare in Olanda e Belgio, snodi strategici del narcotraffico europeo. Un’organizzazione fluida, capace di adattarsi e di muoversi rapidamente, con una logistica pensata per ridurre al minimo i rischi.
Per sfuggire ai controlli, il gruppo avrebbe adottato contromisure tecnologiche avanzate. I contatti avvenivano quasi esclusivamente tramite criptofonini, dispositivi considerati non intercettabili, con server collocati all’estero e sistemi di cancellazione remota dei dati in caso di accessi sospetti.
Anche la gestione della droga seguiva protocolli studiati nei dettagli. Il taglio e il confezionamento della cocaina avvenivano spesso in camere d’albergo, scelte per la loro temporaneità e per la difficoltà di ricondurle stabilmente agli indagati. Fondamentale, inoltre, l’utilizzo di autovetture rubate e “clonate”: mezzi modificati nel telaio, dotati di targhe e documenti contraffatti, perfettamente sovrapponibili a veicoli identici regolarmente circolanti sul territorio nazionale. Una strategia che ha reso estremamente complessa l’attività investigativa, anche a causa della continua sostituzione dei veicoli utilizzati.
Un contributo decisivo alle indagini è arrivato dalle denunce presentate dai proprietari delle auto “originali”, ignari destinatari di verbali per infrazioni al Codice della strada commesse in luoghi dove non si erano mai recati. Un’anomalia che ha consentito ai finanzieri di ricostruire il meccanismo delle auto clonate e di stringere il cerchio attorno all’organizzazione.
Il bilancio dell’attività investigativa è imponente. Sono stati documentati oltre 800 episodi di spaccio. Sei persone sono state arrestate in flagranza di reato nel corso delle indagini. Sequestrati circa tre chilogrammi di cocaina, strumenti per il taglio e il confezionamento delle dosi, più di 80 mila euro in contanti e dieci autovetture rubate e con targa clonata, cinque delle quali restituite ai legittimi proprietari.
Accogliendo la richiesta del Pubblico Ministero, il GIP ha disposto le misure cautelari evidenziando la presenza di una struttura organizzativa stabile, basata su rapporti duraturi e su un accordo criminale destinato a proseguire nel tempo. Proprio la natura associativa del reato ha escluso l’obbligo dell’interrogatorio preventivo, come previsto dalla normativa vigente. Il giudice si è riservato di valutare ulteriormente, dopo gli interrogatori, la posizione di altri soggetti coinvolti per ipotesi di spaccio di sostanze stupefacenti.