Un accertamento fiscale si è trasformato in una scoperta inattesa e clamorosa. È accaduto a Città di Castello, dove la Guardia di Finanza ha portato alla luce una vera e propria coltivazione di marijuana all’interno di un’abitazione privata, nel cuore della città. I protagonisti della vicenda sono un uomo di 41 anni e una donna di 33, conviventi, che ora dovranno rispondere delle gravi accuse di produzione e spaccio di sostanze stupefacenti, in violazione dell’articolo 73 del D.P.R. 309/90.

L’intervento dei militari delle Fiamme Gialle è scaturito da un accertamento fiscale nei confronti dell’uomo, titolare di una ditta individuale specializzata nella manutenzione di impianti di riscaldamento e raffrescamento. L’attività, avviata per sospette irregolarità contabili, ha assunto tutt’altra piega nel momento in cui i finanzieri, una volta entrati nell’abitazione, si sono trovati di fronte a un quadro ben diverso: una stanza adibita a serra domestica, completa di tutte le attrezzature necessarie alla coltivazione della cannabis.
All’interno della camera da letto erano infatti presenti timer, ventole, lampade a led, fertilizzanti e sacchi di argilla espansa, strumenti tipici delle coltivazioni indoor. Materiali analoghi sono stati rinvenuti anche in un capanno per gli attrezzi situato nel giardino, utilizzato come spazio di supporto per la crescita delle piante. Le piante di marijuana, di altezza compresa tra i 30 e i 60 centimetri, sono state sequestrate insieme a tutto il materiale utilizzato per la coltivazione.
Ma la perquisizione non si è fermata lì. Gli agenti hanno esteso i controlli a tutto l’appartamento, rinvenendo mezzo chilo di hashish suddiviso in cinque panetti, un sasso di cocaina del peso superiore ai 50 grammi, 150 semi di marijuana, oltre a 620 euro in contanti, due telefoni cellulari, sei bilancini di precisione con tracce di cocaina e 140 grammi di sostanza da taglio. Le sostanze erano state accuratamente nascoste in diversi punti della casa: nella cucina, all’interno di uno sgabello del soggiorno, in uno zaino nascosto da un giubbino e perfino sotto il letto.
Al termine dell’operazione, i due conviventi sono stati arrestati in flagranza di reato per produzione e spaccio di stupefacenti, come previsto dall’articolo 73 del D.P.R. 309/1990, e condotti alla Casa Circondariale di Capanne, a disposizione dell’autorità giudiziaria di Perugia. Le successive analisi hanno confermato l’elevata purezza delle sostanze sequestrate: secondo le stime, dal materiale si sarebbero potute ricavare oltre 7.000 dosi, per un valore complessivo di circa 60.000 euro.
L’operazione testimonia la versatilità e l’efficacia operativa della Guardia di Finanza, che - partita da un’indagine di natura tributaria - è riuscita a individuare un vero e proprio “opificio di stupefacenti” in pieno centro urbano. Un risultato che conferma, ancora una volta, la capacità del Corpo di muoversi con competenza su più fronti: dalla tutela delle entrate fiscali alla repressione dei traffici illeciti, fino al contrasto della criminalità legata al narcotraffico.
L’articolo 73 del D.P.R. 309/1990, conosciuto come Testo Unico sugli stupefacenti, rappresenta una delle norme cardine della legislazione italiana in materia di produzione, traffico e detenzione di sostanze stupefacenti o psicotrope. Esso stabilisce che chiunque, senza l’autorizzazione del Ministero della Salute, coltivi, produca, fabbrichi, estragga, raffin, venda o comunque metta in commercio sostanze stupefacenti o psicotrope, è punito con la reclusione da sei a venti anni e con una multa da 26.000 a 260.000 euro.
La norma, dunque, colpisce un ampio ventaglio di comportamenti illeciti: dalla coltivazione di piante come cannabis e papavero da oppio, fino alla fabbricazione e distribuzione di droghe sintetiche. La severità delle pene è proporzionata alla natura e alla quantità delle sostanze, alla loro pericolosità e al ruolo svolto dall’imputato all’interno dell’attività illecita.
L’articolo 73 distingue inoltre tra le droghe leggere (come marijuana e hashish) e le droghe pesanti (come cocaina, eroina e amfetamine), prevedendo una graduazione della pena in base al tipo e alla quantità della sostanza. In casi di lieve entità, ad esempio, la pena può essere ridotta da uno a sei anni di reclusione e con una multa inferiore, secondo quanto disposto dal comma 5 della norma.
Il reato di coltivazione domestica è considerato particolarmente grave quando, come nel caso di Città di Castello, la produzione risulta chiaramente destinata allo spaccio e non al semplice uso personale. La giurisprudenza italiana, in più occasioni, ha sottolineato che la presenza di strumenti professionali, bilancini di precisione, sostanze da taglio e denaro contante costituisce prova concreta dell’intento di commercializzazione.
Inoltre, l’articolo 73 consente alle autorità di disporre il sequestro e la confisca dei beni impiegati o derivanti dall’attività criminale, includendo immobili, veicoli, strumenti di coltivazione e somme di denaro. La norma mira così a colpire non solo i responsabili, ma anche le risorse economiche che alimentano il mercato illegale della droga.