Un nuovo e preoccupante episodio di violenza domestica scuote l’Umbria. A Città di Castello, i Carabinieri hanno arrestato un 26enne di origini rumene dopo che l’uomo ha violato il divieto di avvicinamento nei confronti della madre, emesso in precedenza dall’Autorità Giudiziaria.
Secondo quanto ricostruito, nella notte la donna, esasperata dall’ennesimo comportamento minaccioso del figlio, ha richiesto l’intervento immediato dei militari. I Carabinieri sono giunti rapidamente presso l’abitazione e hanno sorpreso il giovane in flagrante, procedendo all’arresto.
Il provvedimento restrittivo, disposto a seguito di una denuncia della madre per continui episodi di aggressione e maltrattamento, prevedeva anche l’applicazione del braccialetto elettronico. Nonostante ciò, il 26enne - disoccupato e con precedenti di polizia - aveva continuato a compiere atti persecutori e intimidatori. L’arresto in flagranza rappresenta un’ulteriore conferma della stretta collaborazione tra l’Arma dei Carabinieri, l’Autorità Giudiziaria e gli organismi di pubblica sicurezza nel contrasto ai reati di violenza di genere e familiare, un fenomeno che continua purtroppo a ripetersi con frequenza.
Il caso di Città di Castello non è isolato. Solo pochi giorni fa, a Perugia, un episodio analogo ha visto protagonista un 32enne, anche lui sottoposto a misura cautelare per condotte violente contro la madre. L’uomo è stato arrestato dalla Polizia di Stato dopo aver infranto il divieto di avvicinamento e le prescrizioni legate all’uso del braccialetto elettronico.
Quando gli agenti sono arrivati sul posto, hanno trovato una scena tesa: una donna impaurita e un figlio in stato di agitazione che urlava frasi offensive e minacciose. L’intervento tempestivo della polizia ha impedito che la situazione degenerasse.
La vittima ha raccontato agli agenti l’ennesima serie di vessazioni: il figlio l’aveva attesa sotto casa per insultarla, costringendola a rifugiarsi all’interno dell’abitazione. L’uomo, nonostante il divieto, aveva continuato a minacciarla fino all’arrivo delle forze dell’ordine. Dopo il fermo, il 32enne è stato denunciato per resistenza e minacce a pubblico ufficiale e arrestato in flagranza per violazione della misura cautelare.
Il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa è una misura cautelare personale introdotta nel 2009 con la legge n. 38/2009, poi rafforzata da successive riforme in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere. È previsto dall’articolo 282-ter del Codice di procedura penale e può essere disposto dal giudice quando vi siano gravi indizi di colpevolezza e un concreto pericolo di reiterazione del reato.
La misura impedisce all’indagato di avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla vittima, come la casa, il posto di lavoro o altri spazi di vita quotidiana. In alcuni casi può essere integrata con limitazioni specifiche di comunicazione, come il divieto di contatto telefonico o telematico.
Negli ultimi anni, grazie al braccialetto elettronico, il controllo di queste misure è diventato più efficace. Il dispositivo consente alle forze dell’ordine di monitorare in tempo reale eventuali violazioni del perimetro imposto. In caso di allontanamento non autorizzato o tentativo di contatto con la persona protetta, scatta un immediato allarme alle centrali operative, permettendo un rapido intervento.
La violazione del divieto di avvicinamento costituisce un reato autonomo, punito dall’articolo 387-bis del Codice penale, con la reclusione da sei mesi a tre anni. Se l’autore commette nuovamente atti di minaccia o violenza, le pene possono aggravarsi fino alla custodia cautelare in carcere.
La normativa, parte del più ampio Codice Rosso, mira a garantire tutela immediata e concreta alle vittime, soprattutto donne e familiari conviventi, rendendo più rapida la risposta giudiziaria e più efficace la prevenzione di nuove aggressioni. Come dimostrano i casi di Città di Castello e Perugia, la sola misura restrittiva non basta: la protezione delle vittime richiede un’azione integrata tra istituzioni, forze dell’ordine e servizi sociali, per prevenire e intervenire prima che la violenza torni a esplodere.