Una nuova idea di abitare si sta imponendo anche in Umbria, unendo mobilità, socialità e redditività. Non più solo compravendite e locazioni tradizionali, ma formule abitative capaci di intercettare le esigenze di studenti, lavoratori in trasferta, nomadi digitali e viaggiatori senior. È il fenomeno degli immobili alternativi, che si presenta come un’opportunità tanto per gli investitori quanto per i Comuni, chiamati a ripensare il patrimonio edilizio e i centri storici.
A tracciare il quadro è Paola Berlenghini, membro del Comitato di Vigilanza della Borsa Immobiliare dell’Umbria: “Un modello che risponde a studenti, nomadi digitali e viaggiatori senior, trasformando la domanda abitativa e rilanciando i centri storici. Rigenerare significa recuperare valore, storia e comunità”.
Il mercato delle case transitorie registra in Umbria un consolidamento costante. Le richieste riguardano appartamenti arredati, pronti all’uso, dotati di servizi di pulizia e di spazi comuni per lavorare e socializzare. Secondo Berlenghini, “il mercato delle case transitorie è fiorente e cresce di mese in mese. È una trasformazione profonda del modo di abitare e di investire”.
Gli immobili più appetibili sono spaziosi, efficientati, ben collegati e in prossimità di servizi. La durata media delle locazioni riflette questa evoluzione: da 6 a 36 mesi per studenti, fino a 18 mesi per professionisti e senior in mobilità.
Per l’Umbria si tratta di una sfida strategica: intercettare questa domanda significa attrarre popolazione temporanea qualificata e alimentare un indotto economico che va dai negozi ai servizi urbani, fino al rilancio sociale dei quartieri.
Il punto di partenza è la ristrutturazione del patrimonio edilizio. Gli appartamenti degli anni ’70 e ’80 nei centri storici, ad esempio, necessitano di isolamento termico, efficientamento impiantistico e digitalizzazione degli spazi. Un investimento che, secondo le stime, può oscillare tra gli 800 e i 2.000 euro al metro quadrato, con tempi di realizzazione tra i 3 e i 12 mesi.
“Chi investe deve avere flessibilità culturale ed economica”, sottolinea Berlenghini, “perché riconvertire un immobile richiede visione. Ma i costi e i tempi sono sostenibili e consentono di recuperare valore e aumentare la redditività”.
Gli esempi concreti confermano i dati. A Orvieto, un appartamento ristrutturato e arredato in centro storico, con due camere e connessione internet, può garantire un rendimento medio del 3%, con canoni che raggiungono i 650 euro mensili.
La leva fiscale è un ulteriore incentivo. Con la cedolare secca agevolata al 10%, applicata ai contratti a canone concordato, i locatori possono sostituire Irpef, registro e bollo. Tuttavia, avverte Berlenghini, “l’Agenzia delle Entrate non è ancora perfettamente allineata alle ultime sentenze della Cassazione, e questo crea incertezza”.
La Suprema Corte, tra 2024 e 2025, ha esteso l’applicabilità della misura anche ai contratti con conduttori titolari di partita Iva, ma senza un recepimento chiaro da parte del MEF e dell’Agenzia delle Entrate il rischio di contestazioni resta concreto.
Il nodo da sciogliere resta quello normativo. Le leggi di riferimento - la 392/1978 e la 431/1998- non rispondono più al mercato attuale. “Abbiamo bisogno di una riforma urgente”, insiste Berlenghini. “Oggi servono regole che diano certezze agli investitori e facilitino le locazioni transitorie. Senza un aggiornamento resteremo bloccati in una situazione di scarsità di alloggi”.
Al di là degli aspetti finanziari, emerge anche una dimensione sociale e culturale. “Ristrutturare in centro storico significa anche compiere un dovere morale”, afferma Berlenghini. “Vuol dire recuperare l’anima e la storia di una casa, preservare l’identità architettonica di una città e contribuire al suo ripopolamento”.
In questa prospettiva, gli immobili alternativi diventano non solo strumenti di redditività, ma anche leve di rigenerazione urbana e di valorizzazione comunitaria. Un modello che guarda al futuro delle città e che, in Umbria, trova terreno fertile per affermarsi.