21 Sep, 2025 - 08:30

Case transitorie e immobili alternativi: viaggio nell’evoluzione dell’abitare in Umbria

Case transitorie e immobili alternativi: viaggio nell’evoluzione dell’abitare in Umbria

Una nuova idea di abitare si sta imponendo anche in Umbria, unendo mobilità, socialità e redditività. Non più solo compravendite e locazioni tradizionali, ma formule abitative capaci di intercettare le esigenze di studenti, lavoratori in trasferta, nomadi digitali e viaggiatori senior. È il fenomeno degli immobili alternativi, che si presenta come un’opportunità tanto per gli investitori quanto per i Comuni, chiamati a ripensare il patrimonio edilizio e i centri storici.

A tracciare il quadro è Paola Berlenghini, membro del Comitato di Vigilanza della Borsa Immobiliare dell’Umbria: “Un modello che risponde a studenti, nomadi digitali e viaggiatori senior, trasformando la domanda abitativa e rilanciando i centri storici. Rigenerare significa recuperare valore, storia e comunità”.

Un cambiamento che ridisegna il mercato: dalle esigenze di mobilità alle nuove formule di locazione

Il mercato delle case transitorie registra in Umbria un consolidamento costante. Le richieste riguardano appartamenti arredati, pronti all’uso, dotati di servizi di pulizia e di spazi comuni per lavorare e socializzare. Secondo Berlenghini, “il mercato delle case transitorie è fiorente e cresce di mese in mese. È una trasformazione profonda del modo di abitare e di investire”.

Gli immobili più appetibili sono spaziosi, efficientati, ben collegati e in prossimità di servizi. La durata media delle locazioni riflette questa evoluzione: da 6 a 36 mesi per studenti, fino a 18 mesi per professionisti e senior in mobilità.

Per l’Umbria si tratta di una sfida strategica: intercettare questa domanda significa attrarre popolazione temporanea qualificata e alimentare un indotto economico che va dai negozi ai servizi urbani, fino al rilancio sociale dei quartieri.

Ristrutturazione, fiscalità e redditività: perché conviene investire negli immobili alternativi

Il punto di partenza è la ristrutturazione del patrimonio edilizio. Gli appartamenti degli anni ’70 e ’80 nei centri storici, ad esempio, necessitano di isolamento termico, efficientamento impiantistico e digitalizzazione degli spazi. Un investimento che, secondo le stime, può oscillare tra gli 800 e i 2.000 euro al metro quadrato, con tempi di realizzazione tra i 3 e i 12 mesi.

“Chi investe deve avere flessibilità culturale ed economica”, sottolinea Berlenghini, “perché riconvertire un immobile richiede visione. Ma i costi e i tempi sono sostenibili e consentono di recuperare valore e aumentare la redditività”.

Gli esempi concreti confermano i dati. A Orvieto, un appartamento ristrutturato e arredato in centro storico, con due camere e connessione internet, può garantire un rendimento medio del 3%, con canoni che raggiungono i 650 euro mensili.

La leva fiscale è un ulteriore incentivo. Con la cedolare secca agevolata al 10%, applicata ai contratti a canone concordato, i locatori possono sostituire Irpef, registro e bollo. Tuttavia, avverte Berlenghini, “l’Agenzia delle Entrate non è ancora perfettamente allineata alle ultime sentenze della Cassazione, e questo crea incertezza”.

La Suprema Corte, tra 2024 e 2025, ha esteso l’applicabilità della misura anche ai contratti con conduttori titolari di partita Iva, ma senza un recepimento chiaro da parte del MEF e dell’Agenzia delle Entrate il rischio di contestazioni resta concreto.

Una riforma normativa necessaria e un dovere morale verso i centri storici

Il nodo da sciogliere resta quello normativo. Le leggi di riferimento - la 392/1978 e la 431/1998- non rispondono più al mercato attuale. “Abbiamo bisogno di una riforma urgente”, insiste Berlenghini. “Oggi servono regole che diano certezze agli investitori e facilitino le locazioni transitorie. Senza un aggiornamento resteremo bloccati in una situazione di scarsità di alloggi”.

Al di là degli aspetti finanziari, emerge anche una dimensione sociale e culturale. “Ristrutturare in centro storico significa anche compiere un dovere morale”, afferma Berlenghini. “Vuol dire recuperare l’anima e la storia di una casa, preservare l’identità architettonica di una città e contribuire al suo ripopolamento”.

In questa prospettiva, gli immobili alternativi diventano non solo strumenti di redditività, ma anche leve di rigenerazione urbana e di valorizzazione comunitaria. Un modello che guarda al futuro delle città e che, in Umbria, trova terreno fertile per affermarsi.

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Federico Zacaglioni
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