In Umbria si infiamma la polemica intorno ai criteri per l'assegnazione delle case popolari. L'assessore regionale al Welfare, Fabio Barcaioli, da mesi sta lavorando ad una modifica che elimini due dei vincoli principali stabiliti dalla legge, approvata dal governo Tesei, che regolamentano l'accesso alle graduatorie. Si tratta della richiesta di residenza almeno quinquennale sul territorio e, tema ancora più caldo, dell'incesuratezza di tutti i membri del nucleo familiare che presenta la domanda.
Dalla maggioranza sostengono sia necessaria una svolta urgente che garantirebbe una legge realmente inclusiva e attenta alle esigenze delle famiglie del territorio. Dalla Lega, Riccardo Augusto Marchetti e Paola Fioroni, prima firmataria legge sulle case popolari e responsabile del Dipartimento economia del partito, hanno invece replicato duramente.
Dal carroccio hanno bollato come "insensate e fuorvianti" le dichiarazioni dell'assessore Barcaioli, facendo presente che la legge attualmente in vigore è nata "con l'obiettivo opposto: assicurare equità, giustizia distributiva e rispetto per le famiglie più fragili".
"Eliminare il vincolo dei cinque anni di residenza nella regione - spiegano Fioroni e Marchetti - e il criterio dell'incensuratezza del nucleo familiare, vuol dire non solo favorire immigrati e stranieri rispetto a chi vive da più tempo in Umbria, ma anche prevedere che a parità di bisogno, la famiglia con pregiudicati potrà essere preferita ad una famiglia di persone incensurate e rispettose della legge". Secondo i due leghisti quella imboccata dall'assessore Barcaioli è una direzione "pericolossissima" che "rischia di creare ghettizzazione dei quartieri e forme di discriminazione verso gli umbri".
Le selezioni per l'assegnazione delle case popolari in Umbri, hanno ribadito, avvengono "in maniera trasparente" che non solo non esclude ma assicura anche "che le case vadano realmente a chi ne ha più bisogno e a chi può assicurare convivenza rispettosa delle regole comuni. Inoltre la legge regionale umbra non ha subito giudizi di incostituzionalità della Corte come erroneamente viene affermato".
Fioroni e Marchetti spiegano che il requisito dell'incensuratezza del nucleo familiare "non è una punizione collettiva, ma una tutela della legalità e della sicurezza degli stessi inquilini" e sottolineano che "la normativa distingue tra reati lievi, situazioni risalenti o già riabilitate e condotte realmente ostative". Per quanto riguarda poi minori e persone con disabilità "nessuna penalizzazione è rivolta ai soggetti fragili, che anzi beneficiano di punteggi aggiuntivi e percorsi preferenziali".
Le graduatorie per le case popolari vengono redatte dai singoli Comuni che si occupano anche di eventuali "criticità interpretative" o "eccezioni particolari". Una prassi che è ben distante, scrivono, dallo "smantellamento della legge".
La "Regione detta criteri di equità - proseguono - mentre i Comuni hanno la responsabilità di gestire le graduatorie. Eventuali rigidità vanno corrette con chiarimenti e linee guida, non con accuse generiche al quadro normativo".
Fioroni e Marchetti replicano che "Il vero obiettivo della legge è premiare chi vive una condizione di bisogno autentico e dimostra rispetto delle regole, evitando che gli alloggi ERP diventino terreno fertile per degrado o conflittualità".
E anche se certamente "ogni legge è perfettibile e può essere migliorata con correttivi puntuali" i requisiti che l'assessore Barcaioli ha individuato come "discriminatori" "distorcono la realtà".
"L’Umbria - dichiarano - dispone di un sistema che unisce criteri di bisogno, trasparenza e responsabilità, ponendo al centro i diritti delle famiglie umbre oneste che da anni attendono un alloggio popolare. Difendere questa legge significa difendere le famiglie più fragili, la legalità e la convivenza civile".
A rimetterci da una eventuale modifica della legge, concludono, sarebbero "le famiglie umbre oneste che da anni sono in attesa di una casa popolare" e contrastare quella attualmente vigore "come sta facendo Avs, il partito della Salis vuol dire aprire la strada a forme di 'discriminazione'".