16 Nov, 2025 - 16:00

Cannara, donna violentata sul posto di lavoro: indagato un 61enne

Cannara, donna violentata sul posto di lavoro: indagato un 61enne

La Procura di Spoleto ha avviato un’indagine per violenza sessuale nei confronti di un uomo di 61 anni, di origine magrebina, accusato da una collega di lavoro. I fatti risalgono al 16 ottobre e sarebbero avvenuti all’interno di un capannone di Cannara, dove entrambi prestavano servizio. Secondo quanto riportato da Perugiatoday e dalle prime ricostruzioni della Procura, l’uomo avrebbe afferrato con forza la donna e l’avrebbe condotta in una zona isolata dello stabile, lontana da occhi indiscreti.

Una volta raggiunto il punto appartato, l’avrebbe spinta a terra. La donna, travolta dal panico, avrebbe perso i sensi, trovandosi poi costretta a subire atti sessuali presumibilmente culminati in un rapporto completo.
Due giorni dopo, la vittima si è rivolta all’ospedale di Foligno, dove è stata visitata da un’équipe specializzata e sottoposta a tamponi, prelievi di materiale genetico e accertamenti clinici. Campioni e vetrini sono stati sequestrati e trasferiti alla tossicologia forense dell’ospedale di Terni, dove verranno analizzati nell’ambito dell’indagine.

Accertamenti tecnici e diritti della difesa: fissata la data del 27 novembre

La Procura di Spoleto ha incaricato un perito di svolgere gli accertamenti sui reperti biologici sequestrati, ritenuti fondamentali per chiarire la dinamica della presunta aggressione. L’uomo è stato formalmente iscritto nel registro degli indagati: un atto dovuto per consentirgli di nominare un difensore e un consulente tecnico di parte, come previsto dalla legge. Le operazioni peritali inizieranno il 27 novembre e saranno determinanti per verificare eventuali compatibilità genetiche o presenze di DNA che possano confermare o smentire la versione della donna.
L'’iscrizione nel registro degli indagati non implica colpevolezza, ma garantisce il diritto al contraddittorio.  isolamento che possano favorire episodi di violenza o abuso.

Negli ultimi anni diversi procedimenti giudiziari hanno interessato ambienti analoghi, evidenziando la necessità di protocolli aziendali più rigorosi, una maggiore presenza di sorveglianza interna e la formazione del personale per riconoscere e segnalare situazioni potenzialmente rischiose. La Procura, intanto, continua a lavorare per raccogliere elementi utili a ricostruire la dinamica senza lasciare spazio a dubbi o forzature.

Cosa fare se si è vittime di violenza: come chiedere aiuto e proteggersi

Essere vittima di una violenza sessuale o fisica rappresenta un trauma profondo che può generare paralisi emotiva, confusione, paura del giudizio e difficoltà nel chiedere aiuto. Esistono percorsi concreti e immediati che possono offrire protezione, sostegno e strumenti legali fondamentali. La prima azione è assicurarsi un luogo sicuro e rivolgersi subito a una struttura sanitaria: un pronto soccorso o un centro specializzato è in grado di accogliere la vittima con personale formato e con procedure non giudicanti. I principali ospedali dispongono di Centri Antiviolenza o Codici Rosa, percorsi dedicati alle vittime di abusi, dove operano ginecologi, infermieri, psicologi e assistenti sociali.

E' essenziale avvertire le forze dell’ordine: chiamare il 112 o recarsi presso una caserma consente di formalizzare la denuncia, che non deve necessariamente essere presentata immediatamente, ma farlo presto aiuta gli investigatori a lavorare con elementi più solidi. La vittima può farsi accompagnare da un familiare, un avvocato o da un’associazione specializzata, che offre tutela legale e sostegno emotivo.

Attivare una rete di supporto, infatti, è un altro passo fondamentale: parlare con persone di fiducia aiuta a non affrontare il trauma in solitudine. I centri antiviolenza mettono a disposizione psicologhe specializzate, consulenze gratuite, case rifugio e percorsi personalizzati di protezione. La cosa più importante da ricordare è che la violenza non è mai responsabilità di chi la subisce. Chiedere aiuto, denunciare e prendere in mano la propria sicurezza è un atto di forza e di autodeterminazione, non un segno di debolezza. Continui segnali istituzionali, campagne di sensibilizzazione e una maggiore consapevolezza collettiva stanno rendendo questo passo sempre più accessibile e meno stigmatizzante.

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Lorenzo Farneti
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