Un controllo di routine lungo le strade di Bastia Umbra si è trasformato in una scena da film d’azione. Una pattuglia dei Carabinieri, impegnata in un normale servizio di vigilanza mattutina, ha fermato un’auto senza immaginare di trovarsi di fronte a un’arma potenzialmente devastante: un machete di 70 centimetri, con una lama lunga mezzo metro, abilissimo a trasformarsi da oggetto esotico a strumento di grave pericolo. Un ritrovamento che ha immediatamente acceso l’allarme e ha portato alla denuncia di tre giovani - di 24, 26 e 28 anni - ora indagati per porto abusivo di armi od oggetti atti ad offendere.
Secondo quanto ricostruito dai militari dell’Arma, tutto è iniziato quando la pattuglia ha intimato l’alt a un’autovettura con tre persone a bordo. Un accertamento rapido, ordinario, svolto nell’ambito delle attività di prevenzione sulla circolazione stradale. Ma è stato il comportamento dei ragazzi a far scattare immediatamente i sospetti. I militari hanno notato fin da subito un atteggiamento nervoso, quasi impaziente, dei tre giovani: movimenti rapidi, sguardi sfuggenti, posture tese. Segnali che, nella routine di chi presidia il territorio ogni giorno, spesso anticipano qualcosa che non va. È stato a quel punto che i Carabinieri hanno deciso di approfondire, procedendo a una perquisizione personale e veicolare. Una scelta rivelatasi decisiva.
All’interno dell’abitacolo, ben nascosto ma comunque a disposizione degli occupanti, i Carabinieri hanno scoperto un machete definito “tropicano”: 70 centimetri totali, di cui 50 di lama. Un’arma bianca di grandi dimensioni, non certo compatibile con un uso quotidiano o con un trasporto giustificabile.
Alla richiesta immediata dei militari - “Per quale motivo lo avete con voi?” - i tre giovani non sono stati in grado di fornire alcuna motivazione credibile. Nessuna spiegazione plausibile, nessun documento, nessun contesto che potesse giustificare il possesso di un oggetto tanto pericoloso.
Per questo motivo, l’arma è stata immediatamente sequestrata e i tre ragazzi sono stati denunciati alla Procura della Repubblica di Perugia, che valuterà la loro posizione in relazione al reato contestato.
L’episodio ribadisce ancora una volta quanto sia fondamentale l’attività capillare dell’Arma dei Carabinieri sul territorio, soprattutto nei contesti urbani dove la prevenzione resta la prima arma per evitare situazioni potenzialmente pericolose. Il ritrovamento di un machete di simili dimensioni evidenzia come anche un semplice controllo stradale possa rivelarsi essenziale per scongiurare possibili minacce alla sicurezza pubblica, a tutela della cittadinanza ma anche degli stessi giovani coinvolti.
In Italia, il tema del porto abusivo di armi od oggetti atti ad offendere è regolato da un insieme di norme che mirano a garantire la sicurezza collettiva e a prevenire l’utilizzo improprio di strumenti potenzialmente pericolosi. Il riferimento principale è l’articolo 4 della Legge 110/1975, che stabilisce che è vietato portare fuori dalla propria abitazione armi proprie - come coltelli, pugnali, baionette, tirapugni e simili - senza un valido motivo riconosciuto dalla legge. Lo stesso articolo estende il divieto agli oggetti atti ad offendere, cioè strumenti che, pur non essendo armi per definizione, possono essere utilizzati per arrecare danno, come mazze, catene, pietre, strumenti da taglio e, come nel caso di Bastia Umbra, anche machete e lame di grandi dimensioni.
La normativa prevede che il semplice possesso di un’arma bianca in luogo pubblico sia già sufficiente a integrare il reato, indipendentemente dal suo eventuale utilizzo. Ciò che viene richiesto è la presenza di una giustificazione valida, legata a motivi professionali, sportivi o comunque coerenti con un uso lecito e documentabile. In assenza di tale motivazione, il trasporto diventa automaticamente illecito.
Le sanzioni possono variare: si va dall’arresto fino a un anno, a seconda delle circostanze, alla multa che può superare i 2.000 euro. Nei casi più gravi, come quando il possesso si associa ad altri reati o comportamenti pericolosi, l’autorità giudiziaria può procedere con ulteriori contestazioni.