Un semplice rapporto lavorativo rischiava di trasformarsi in una tragedia. È successo ad Assisi, dove un ragazzo di 21 anni, secondo quanto emerso dalle indagini, avrebbe aggredito un ex collega colpendolo con un palo di metallo. Un gesto improvviso, violento, che ha provocato alla vittima lesioni giudicate guaribili in oltre quaranta giorni. Nonostante la gravità dell’episodio, in un primo momento la persona aggredita, sopraffatta dall’ansia e dal timore di ulteriori ripercussioni, non aveva avuto il coraggio di sporgere denuncia.
Determinante è stato il lavoro paziente degli investigatori: gli inquirenti, coordinati dalla Procura di Perugia sotto la direzione del procuratore Raffaele Cantone, hanno ricostruito l’accaduto grazie a una meticolosa raccolta di testimonianze e all’analisi delle celle telefoniche, riuscendo a dare un nome all’aggressore.
Per il giovane, su richiesta del Tribunale di Perugia, il Giudice per le Indagini Preliminari ha emesso un’ordinanza di divieto di avvicinamento all’abitazione della vittima e ai luoghi da questa abitualmente frequentati. Una misura di interdizione forte: l’indagato non potrà avvicinarsi a meno di 500 metri né intrattenere alcuna forma di contatto diretto o indiretto, nel tentativo di prevenire nuovi episodi di minaccia o di pressione psicologica.
Contestualmente all’esecuzione della misura cautelare, le forze dell’ordine hanno eseguito una perquisizione personale, domiciliare e informatica per acquisire ulteriori prove utili all’inchiesta. Le indagini proseguono, con un focus sull’individuazione di un secondo presunto autore dell’aggressione, attualmente ancora senza volto e nome.
L’Umbria, terra di storia e spiritualità, non è purtroppo esente da casi di violenza e minacce personali. La cronaca delle ultime settimane lo dimostra con episodi preoccupanti, che mettono in evidenza la necessità di vigilare con fermezza sul rispetto delle misure cautelari a tutela delle vittime.
Nella giornata di ieri, a Perugia, gli agenti della Polizia di Stato hanno tratto in arresto un uomo di 76 anni (classe 1949), colto in flagrante mentre violava il divieto di avvicinamento alla persona offesa. L’uomo, infatti, nonostante un provvedimento preciso che gli vietava di avvicinarsi a meno di 500 metri dall’ex moglie e da altri familiari, si è presentato sotto casa della donna insieme ad alcuni parenti, tentando di instaurare un contatto vietato per legge.
A segnalare l’episodio è stata proprio la donna, spaventata dalla presenza dell’ex coniuge: una chiamata al 112 ha permesso alle Volanti di intervenire in tempi rapidi, sorprendendo l’uomo ancora nei pressi dell’abitazione. Gli agenti hanno proceduto all’arresto in flagranza per il reato di inottemperanza alla misura cautelare, accompagnandolo in Questura per gli accertamenti di rito.
Il Pubblico Ministero, informato dell’accaduto, ha disposto la liberazione dell’uomo in attesa dell’udienza di convalida. Un episodio che mostra, ancora una volta, come il sistema di tutela delle vittime di violenza e stalking, pur basandosi su strumenti normativi e tecnologici - come il braccialetto elettronico - necessiti di un controllo costante da parte delle forze dell’ordine e di un’efficace sinergia tra cittadini e istituzioni.
Quando si diventa vittime di comportamenti violenti, persecutori o di stalking, la paura e l’isolamento sono purtroppo reazioni comuni. È però fondamentale sapere che non si è soli. La prima cosa da fare è rivolgersi subito alle forze dell’ordine - Polizia di Stato, Carabinieri - per denunciare l’accaduto. In caso di pericolo imminente, chiamare immediatamente il 112 può salvare la vita.
Chi è vittima di minacce può chiedere l’applicazione di misure cautelari come il divieto di avvicinamento o l’allontanamento dell’aggressore, strumenti previsti dal nostro ordinamento per prevenire ulteriori episodi di violenza. Esistono inoltre centri antiviolenza diffusi in tutta Italia, pronti ad accogliere, ascoltare e orientare le vittime verso percorsi di protezione psicologica e legale.
Molto utile è conservare prove come messaggi, telefonate, email o segni di eventuali violenze fisiche: documentare tutto può rivelarsi decisivo per le indagini. Anche in caso di minacce apparentemente “lievi” è fondamentale non minimizzare, ma parlarne con qualcuno di fiducia e rivolgersi a professionisti. Il codice rosso, introdotto nel 2019, consente un canale preferenziale per la trattazione delle denunce di maltrattamenti, violenza sessuale e stalking, con tempi di intervento più rapidi da parte delle procure.
Infine, non bisogna sottovalutare il supporto psicologico: affrontare la paura è più facile con l’aiuto di psicologi, mediatori e avvocati esperti. Spezzare il silenzio è il primo passo per riprendere in mano la propria vita e fermare l’escalation di violenza.