Tra licenziamenti, partite IVA riconosciute come subordinazione e passaggi forzati in cooperativa, il rischio è che i lavoratori coinvolti perdano diritti invece di guadagnarne
Secondo quanto riportato da un’inchiesta di Vivo Gubbio, firmata dal direttore Massimo Boccucci, da lunedì 27 ottobre i due addetti con partita IVA al servizio degli ascensori pubblici di Gubbio cesseranno dal loro incarico in virtù di un provvedimento di Gubbio Cultura Multiservizi Srl, società interamente partecipata dal Comune.
Il dato non sarebbe di per sé straordinario, se non fosse che — come certificato da una verifica dell’Ispettorato del Lavoro di Perugia — quei due lavoratori, pur formalmente autonomi, erano stati per anni trattati come dipendenti a tutti gli effetti, con obbligo di orario, vincolo gerarchico e inserimento stabile nell’organizzazione del servizio.

Da qui la domanda iniziale di Boccucci: «Gli ascensori resteranno aperti?». Ma ben presto, il caso si sposta su un terreno più complesso: quello delle responsabilità giuslavoristiche, del cambio di gestione e delle tutele contrattuali future.
Boccucci ricostruisce nel suo articolo gli incontri avvenuti nelle ultime settimane tra il sindaco Vittorio Fiorucci, l’assessore alle Finanze Filippo Farneti e i rappresentanti della cooperativa sociale “Sopra il Muro”. L’obiettivo sarebbe quello di affidare direttamente alla cooperativa il servizio degli ascensori, inserendo nel nuovo organico i due addetti licenziati con un contratto a tempo determinato.
Nel frattempo, i due lavoratori con partita IVA hanno ricevuto la lettera di licenziamento lo scorso 27 agosto, mentre già il 21 luglio era stato deciso di fare a meno di loro.
Il quadro si complica con la presenza di una terza figura: una dipendente a tempo indeterminato di Gubbio Cultura, che era stata licenziata dopo la perdita di un appalto parcheggi, ma reintegrata per sentenza del giudice del lavoro. Anche a lei sarebbe stato chiesto — secondo il resoconto di Vivo Gubbio — di passare alla cooperativa, lasciando il suo posto stabile.
La dipendente avrebbe rifiutato.
L’Ispettorato del Lavoro ha già riconosciuto che i due addetti erano, di fatto, lavoratori subordinati mascherati da autonomi. Questo apre interrogativi giuridici rilevanti: se erano considerati dipendenti, possono essere licenziati come tali o il rapporto dovrebbe essere prima sanato e stabilizzato? Proporre loro un passaggio a una cooperativa con contratto a tempo determinato equivale a una riduzione delle tutele rispetto a quelle che potrebbero rivendicare in giudizio? Il licenziamento del 27 ottobre è da considerarsi legittimo, o può essere contestato come illegittimo alla luce dell’accertamento ispettivo?
Per la lavoratrice a tempo indeterminato — reintegrata da una sentenza — l’eventuale passaggio alla cooperativa comporterebbe:
Anche qui, l’impressione è che il passaggio in cooperativa possa trasformarsi in una forma di “uscita mascherata”, difficilmente vantaggiosa per la dipendente.
Se i due lavoratori in partita IVA venissero reimpiegati in cooperativa “dalla finestra”, sarebbe necessario individuare un terzo addetto per coprire i turni, aprendo un ulteriore fronte di discussione. Ma soprattutto: perché non stabilizzarli direttamente nella partecipata, dopo che un organo ispettivo li ha già considerati di fatto tali?
L’articolo di Vivo Gubbio solleva anche il tema della procedura: l’affidamento alla cooperativa avverrebbe in forma diretta, senza gara né avviso pubblico. La domanda diventa: su quali presupposti normativi? Con quali criteri di economicità e continuità del servizio?
In più, si osserva che la cooperativa si occupa principalmente di: manutenzione del verde, servizi di pulizia, servizi sociali.
Non si ha certezza che abbia specifiche competenze sulla gestione tecnica e di sicurezza degli ascensori pubblici.
Il nuovo servizio potrebbe avere costi maggiori rispetto al precedente, dopo anni in cui, con Gubbio Cultura, si era operato “al risparmio”, con una gestione contestata e finita sotto ispezione. Perché oggi una maggiore spesa sarebbe accettabile solo subentrando un soggetto privato?

La sensazione è che l’operazione stia avvenendo in tempi stretti, in un contesto di emergenza, senza atti pubblici e con margini di incertezza sulle tutele dei lavoratori, la trasparenza dell’affidamento e la continuità del servizio.
I due ex lavoratori in partita IVA avranno la possibilità di rivalutare il loro status come subordinati?
La dipendente reintegrata rischia di perdere ciò che un giudice le ha riconosciuto?
La cooperativa avrà competenza e responsabilità adeguata a gestire un servizio pubblico delicato come quello degli ascensori?
L’affidamento diretto sarà motivato in modo puntuale, anche economicamente?
Questa transizione porterà più sicurezza giuridica per i lavoratori o più contenziosi?
Lunedì 27 ottobre dirà molto. Ma, al di là delle soluzioni immediate, resta l’esigenza di un percorso chiaro, trasparente e rispettoso delle tutele minime che il diritto del lavoro garantisce — anche quando un ascensore scende piano, ma una causa civile può salire molto velocemente.