04 Aug, 2025 - 17:07

Antiche torri dell’Umbria: dalle vette dei campanili romanici ai bastioni di guardia medievali, un itinerario tra le strutture che hanno sorvegliato il tempo e i confini

Antiche torri dell’Umbria: dalle vette dei campanili romanici ai bastioni di guardia medievali, un itinerario tra le strutture che hanno sorvegliato il tempo e i confini

In Umbria, la storia non si legge soltanto tra le righe di un libro o nei musei: si osserva, si percorre e si contempla… basta alzare lo sguardo. Dalle colline avvolte nella nebbia del mattino alle piazze silenziose dei borghi in pietra, le torri punteggiano il paesaggio come custodi immobili del tempo, testimoni solenni di epoche diverse, di paure e conquiste, di vita quotidiana e di spiritualità. Vi invitiamo a seguirne le tracce lungo un itinerario che è prima di tutto un’esperienza sensoriale. Salire su una torre significa uscire dalla linea dell’orizzonte e toccare con mano il battito della storia. Dai campanili romanici che svettano accanto alle chiese millenarie, fino ai bastioni merlati delle rocche e dei castelli medievali, ogni struttura racconta un frammento d’Umbria: l’Umbria della fede, della difesa, dell’identità civica.

E così, passo dopo passo, vi troverete a dominare con lo sguardo crinali, vallate, tetti, campi coltivati, ma anche a immaginare ciò che non si vede più: le torce accese nella notte, le campane che scandivano i giorni, le mani callose che sollevavano pietre, le ombre dei soldati in vedetta al calar del sole. E allora partite. Percorrete le scale a chiocciola, respirate l’odore umido della pietra antica, lasciate che il silenzio vi racconti storie dimenticate. Ogni torre è una voce che viene da lontano, una finestra aperta sulla profondità del tempo. E in Umbria, si sa, anche i silenzi parlano. E lo fanno con la forza struggente della memoria.

Torre degli Sciri – Perugia

Nel cuore dell'antico rione di Porta Santa Susanna, tra le pieghe di una Perugia che si svela solo a chi la attraversa con passo lento e sguardo attento, si erge la Torre degli Sciri, l’unica tra le tante torri medievali della città ad aver resistito intatta al tempo. Alta oltre 40 metri, slanciata, imponente, è una presenza silenziosa che sfida il cielo da oltre otto secoli.

Costruita nel XIII secolo dalla potente famiglia degli Oddi - che come molte casate perugine facevano della verticalità un segno tangibile di potere - la torre passò poi agli Sciri, da cui prende il nome, quando le fortune degli Oddi si spensero nell’ombra delle lotte civili. Era un’epoca in cui Perugia si affermava come città turrita, punteggiata da decine di torri private, ognuna emblema di prestigio, rivalità e controllo urbano. La torre degli Sciri è tutto questo: un simbolo feudale, una vedetta urbana, una dichiarazione di orgoglio scolpita nella pietra.

Salire i suoi oltre 200 gradini non è solo un esercizio fisico: è un’esperienza intima. Si risale lungo rampe strette, si sfiorano legni antichi e pareti che odorano di calcare e storia. E poi, quando si arriva in cima, la città si apre: un ventaglio di tetti in cotto, chiese gotiche, vicoli nascosti e, in lontananza, le colline che scivolano dolci verso il Trasimeno. È da qui che si comprende il significato profondo della torre: guardare il tempo dall’alto, dominare lo spazio senza possederlo davvero.

Nel corso dei secoli, la Torre ha cambiato volto e funzione. Donata nel Seicento alla fondatrice del Conservatorio delle Becchette - suore laiche dedite a una vita di semplicità e preghiera - è divenuta rifugio spirituale, luogo di silenzio e meditazione. Solo nel XXI secolo, dopo un lungo restauro, ha riaperto le sue porte ai visitatori, accogliendoli con la sua muta eleganza. Oggi è gestita da volontari che con passione ne custodiscono la memoria e ne raccontano l’anima.

Ma la Torre degli Sciri è più di un monumento: è un punto di confine tra orgoglio e caducità, tra la luce dell’ambizione e l’ombra della rovina. E forse, proprio per questo, continua a parlarci: non con la voce, ma con la pietra, il vento, il vuoto che abita le sue altezze. Perché in Umbria, anche ciò che non si muove ha molto da raccontare. Basta salire.

Torre del Moro – Orvieto

Nel cuore pulsante di Orvieto, là dove si incrociano Corso Cavour, via della Costituente e via del Duomo, si erge con maestosa grazia la Torre del Moro. Alta quasi cinquanta metri, questa torre non è solo un monumento che svetta sopra i tetti scoscesi della città, ma un vero e proprio testimone silenzioso di epoche passate, di poteri in trasformazione e di vite vissute sotto il suo sguardo attento. Nato come Torre del Papa, proprietà diretta del potere pontificio fino al 1515, il suo nome mutò in onore di Raffaele di Sante detto il Moro, un personaggio legato alla città, la cui presenza ha lasciato un’impronta indelebile. A fianco della torre si erge il Palazzo dei Sette, emblema dell’architettura comunale di Orvieto e simbolo della ricerca di ordine, governo e coesione sociale che animava la città medievale.

All'interno, la Torre custodisce ancora la sua antica campana, forgiata nel 1313, che un tempo chiamava a raccolta il popolo e scandiva i ritmi della vita comunale con un suono carico di storia e memoria. Poco sopra, il meccanismo dell’orologio meccanico. Su un lato, una targa incisa con versi danteschi ricorda i conflitti tra famiglie nobiliari, un monito che riecheggia ancora oggi, scolpito nella pietra come un ponte tra le generazioni.

La Torre del Moro non è solo un punto di osservazione privilegiato: è un luogo dove si respira l’anima di Orvieto, tra potere papale e lotte comunali, tra fede, governo e vita quotidiana. Qui, ogni pietra racconta una storia, ogni panorama invita a un sogno. Salire sulla Torre significa toccare con mano il respiro della città, sentirsi parte di quel flusso che da secoli attraversa l’Umbria e la sua storia millenaria.

Torre Civica di Città di Castello

Nel cuore pulsante di Città di Castello, si erge la Torre Civica, conosciuta anche come Torre del Vescovo per la sua vicinanza al palazzo vescovile. Questa torre, alta circa 38 metri, è l'unica superstite delle numerose torri che un tempo punteggiavano il paesaggio urbano medievale. Eretta tra il XIII e il XIV secolo, la Torre Civica rappresenta un perfetto esempio di architettura difensiva e simbolo del potere cittadino dell'epoca.

Salire i suoi sette piani significa risalire il filo della memoria cittadina, passo dopo passo, scrutando il cuore stesso di Città di Castello. I primi quattro livelli sono collegati da una scala a chiocciola in legno. I successivi piani, invece, sono serviti da una scala più recente, anch’essa in legno, addossata alle pareti. Durante la salita, l’occhio si sofferma su dettagli che parlano: antichi stemmi araldici scolpiti nella pietra affiorano qua e là, a ricordare il ruolo delle famiglie nobili e delle istituzioni che hanno modellato il destino della città nei secoli. Ogni gradino, ogni finestra, ogni graffio sul muro diventa così una pagina da sfogliare, un frammento tangibile di una storia che continua a pulsare tra le mura.

Arrivati in cima, volta giunti in cima, il panorama ripaga ogni sforzo con una meraviglia che lascia senza fiato. Da un lato, potete scorgere il centro storico: piazze che raccontano di mercati e processioni, palazzi e campanili che si ergono con elegante discrezione, rivelando la trama urbana costruita secolo dopo secolo. Dall’altro lato, lo sguardo si perde nella campagna umbra, morbida e silenziosa, punteggiata da filari, poderi e colline che sembrano galleggiare nel tempo. È da quassù che si coglie l’intelligenza del disegno urbanistico medievale, l’equilibrio tra difesa e armonia, tra il dentro e il fuori, tra città e natura.

E come se non bastasse, tra queste mura sopravvive anche un’eco d’arte: tracce di un affresco attribuito a Luca Signorelli, commissionato dai Priori nel 1474. Un frammento che, pur nella sua discrezione, aggiunge profondità culturale e valore simbolico a una torre che è molto più di un punto d’osservazione: è una sentinella della memoria.

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Francesco Mastrodicasa
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