24 Dec, 2025 - 15:46

Angelantoni Life Science, dipendenti sospesi dopo la liquidazione: “Un limbo senza diritti, retribuzione e contribuzione”

Angelantoni Life Science, dipendenti sospesi dopo la liquidazione: “Un limbo senza diritti, retribuzione e contribuzione”

Un Natale segnato dall’incertezza, dall’assenza di tutele e da una prospettiva occupazionale sempre più fragile. È il quadro delineato dalla Fiom Cgil di Perugia sulla situazione dei dipendenti della Angelantoni Life Science di Massa Martana, sospesi a seguito delle decisioni assunte nell’ambito della procedura di liquidazione giudiziale. Una condizione che il sindacato definisce senza mezzi termini un vero e proprio “limbo”, nel quale i lavoratori si trovano privi di ammortizzatori sociali, di retribuzione e di contribuzione, senza essere formalmente licenziati e senza poter accedere ad alcuna forma di sostegno al reddito.

La denuncia del sindacato: “Un Natale amaro”

“Natale amaro per i dipendenti della Angelantoni Life Science di Massa Martana. Il Tribunale di Spoleto non ha scelto di provare a gestire l’azienda in continuità, sospendendo i dipendenti. Un limbo senza ammortizzatori sociali, senza retribuzione e contribuzione, in cui ancora non si è licenziati, non si hanno diritti, neppure la disoccupazione”. È questa la denuncia contenuta nella nota diffusa dalla Fiom Cgil di Perugia, che mette in evidenza le ricadute sociali e umane di una decisione giudiziaria che, secondo il sindacato, lascia decine di lavoratori in una condizione di totale incertezza.

La sospensione dei dipendenti, spiegano i rappresentanti dei metalmeccanici della Cgil, determina una situazione di stallo che si ripercuote non solo sulle famiglie coinvolte, ma sull’intero tessuto produttivo e sociale del territorio.

La vertenza e il clima di disimpegno

Nel ripercorrere le fasi della vertenza, il sindacato sottolinea come vi fossero margini per tentare una gestione diversa della crisi“Anche se la ripresa produttiva non sarebbe stata agevolata dalle dimissioni di diverse figure professionali che erano in organico, il sindacato ritiene che sarebbe stato possibile provare puntando su alcune delle attività e dei prodotti presenti”, si legge ancora nella nota. Una possibilità che, secondo la Fiom, non è stata perseguita, contribuendo a creare “un clima di disimpegno che rende ancora più complicato trovare soluzione a una vertenza che non doveva esistere, assurda quanto desolante”

Il nodo societario e il fallimento del progetto industriale

Al centro della denuncia sindacale vi è anche il tema delle responsabilità legate agli assetti proprietari dell’azienda. “L’aspettativa mai sottaciuta anche dal sindacato, era, ed è, che si operi per il subentro di un’impresa capace di riavviare la produzione, in particolare che il socio di minoranza, l’Angelantoni Industrie, compisse un atto di responsabilità verso chi per anni aveva lavorato anche alle sue dipendenze”, ricorda la Fiom Cgil.

Secondo il sindacato, ai lavoratori era stato prospettato che l’acquisizione del 70% della società da parte di un gruppo cinese rappresentasse “una opportunità di crescita”. Un progetto che, tuttavia, si è rivelato fallimentare. “Purtroppo è noto come questo progetto si sia rivelato fallimentare e che solo grazie alla azione dei dipendenti di Als si è potuta aprire la liquidazione giudiziale, per cui la disponibilità dell’azienda è stata sottratta alla proprietà cinese che in questi mesi si era rivelata un’interlocutrice assolutamente inaffidabile, incapace persino di gestire le minime attività dirigenziali”.

L’impatto sui lavoratori: frustrazione e incertezza

La situazione descritta dal sindacato ha avuto pesanti ripercussioni sul piano umano e psicologico. “La speranza… che a prevalere fosse il senso di responsabilità si è raggelata alle notizie di questi giorni. La situazione emotiva dei lavoratori è di frustrazione”, scrive la Cgil.

Alcuni dipendenti, una decina, erano stati richiamati al lavoro dal socio di minoranza con contratti in scadenza a dicembre, ora prorogati di soli tre mesi. Altri, circa quindici, risultavano ancora in cassa integrazione a zero ore, nonostante avessero più volte manifestato la propria disponibilità a svolgere qualsiasi mansione utile, anche a supporto delle attività richieste dal tribunale, come l’inventario. Oggi, anche per loro, è scattata la sospensione.

“È prevedibile che, al solito, una vicenda italiana si concluda con una dismissione in cui tutti dichiarano di non aver colpe”, osserva amaramente il sindacato.

L’appello alle istituzioni e il futuro dell’azienda

La Fiom Cgil amplia infine lo sguardo al contesto più generale, denunciando una tendenza sempre più diffusa. “Oramai troppo spesso siamo a vedere le nostre aziende vendute a soggetti finanziari che non hanno nessun orizzonte se non la prospettiva di un veloce guadagno per chi la vende”, afferma il sindacato, che chiede di tentare ancora la cessione dell’azienda in blocco, nella prospettiva di una reale ripresa produttiva. Un appello rivolto in particolare alle istituzioni, “a partire da quelle regionali”, affinché intervengano per evitare una vendita frammentata e per scuotere “dal torpore questo territorio”.

Una vertenza simbolo della crisi manifatturiera

“Il tempo - conclude la Fiom Cgil Perugia - ci dirà se per questi lavoratori ci sarà la prospettiva di poter dar valore ai sacrifici fatti continuando a esprimere una professionalità acquisita dopo anni di esperienza oppure se la prospettiva potrà essere solo quella di recuperare i crediti che avevano maturato come le ultime quattro mensilità non pagate”.

Una vertenza che, secondo il sindacato, rappresenta uno dei tanti casi emblematici della crisi del manifatturiero italiano, dove aziende con oltre settanta dipendenti e promesse di sviluppo si trovano a chiudere “nella completa indifferenza”, lasciando dietro di sé incertezza, disagio sociale e un patrimonio di competenze a rischio dispersione.

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Francesco Mastrodicasa
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