03 Aug, 2025 - 12:44

Alla scoperta delle biblioteche più antiche dell’Umbria: templi del sapere e della memoria tra arte e letteratura

Alla scoperta delle biblioteche più antiche dell’Umbria: templi del sapere e della memoria tra arte e letteratura

Ci sono luoghi in cui il tempo non scorre: respira. Luoghi dove ogni passo risuona come un invito alla quiete, e ogni sguardo si posa su storie che non hanno mai smesso di parlare. Le biblioteche storiche dell’Umbria sono così: dimore del pensiero e della bellezza, dove l’intimità della lettura incontra la maestosità dell’arte, e la memoria si fa spazio fisico, tangibile, da attraversare con lentezza e stupore. In un mondo che vi chiede continuamente di correre, qui potrete scegliere di fermarvi. Lasciarvi accogliere da sale che profumano di carta antica e legno vivo, dove la luce entra in punta di piedi e il silenzio non è vuoto, ma presenza. Tra codici miniati, scaffali secolari, affreschi inattesi e stanze intrise di sapere, vi scoprirete parte di una narrazione più ampia, fatta di studio, fede, arte e poesia.

Vi invitiamo a scoprire un’Umbria meno battuta ma altrettanto emozionante: quella delle biblioteche storiche, disseminate tra borghi e città d’arte, nascoste in antichi conventi, palazzi o complessi monastici. Un viaggio a piedi, con gli occhi e con il cuore, che vi condurrà dalla Biblioteca Augusta di Perugia alla splendida Biblioteca Sperelliana di Gubbio, passando per gioielli meno noti, ognuno con la sua anima e la sua voce.

Preparatevi a rallentare, ad aprire porte spesso invisibili, ad accarezzare con lo sguardo secoli di pensiero e di bellezza. Perché in Umbria, anche il sapere ha il suo paesaggio: intimo, elegante, sorprendente.

Biblioteca del Sacro Convento - Assisi

Nel cuore pulsante di Assisi, tra le volte affrescate della Basilica e i chiostri silenziosi del Sacro Convento di San Francesco, esiste un luogo che non è soltanto una biblioteca, ma un’autentica cattedrale del sapere. Qui, tra scaffali secolari e pagine che profumano d’inchiostro e di tempo, si respira una conoscenza che nasce dalla fede, e una spiritualità che si è fatta libro per attraversare i secoli.

Fondata nel XIII secolo come eredità viva dello scriptorium francescano, la biblioteca nasce per accogliere bolle papali, itinerari di pellegrini, prime edizioni dei testi dell’Ordine e meditazioni che uniscono rigore teologico e visione mistica. Ma quel che colpisce, sin dal primo passo, non è solo il pregio dei volumi, bensì il senso di sacralità che avvolge ogni cosa: qui i codici sembrano parlare, i margini miniati sussurrano storie antiche, e il silenzio diventa una forma di ascolto. Non si tratta soltanto della più antica biblioteca francescana d’Europa: è un crocevia di epoche, culture e linguaggi dell’anima, dove ogni pagina porta l’impronta di chi ha scritto, letto con devozione.

Tra scaffali lignei e archi gotici si conservano oltre 700 manoscritti, decine di incunaboli e cinquecentine, tra cui il celebre Codice 338, che tramanda la più antica versione del Cantico delle Creature. Testimonianze di un tempo in cui scrivere era un atto di fede, e leggere significava varcare il confine del visibile per incontrare il divino nella parola.

Visitare oggi la Biblioteca del Sacro Convento significa attraversare uno spazio sospeso tra terra e cielo, dove la luce filtra appena tra le bifore gotiche e accarezza i legni antichi, dove ogni volume è una reliquia laica, e ogni scaffale un archivio di memoria. Qui, il tempo si dilata, l’anima si raccoglie, e il sapere non è più informazione, ma intuizione profonda, esperienza dell’invisibile. In questo tempio della parola, si comprende che leggere non è solo un atto intellettuale, ma un esercizio di contemplazione. Perché ogni libro custodito qui è, in fondo, un frammento di eternità.

Biblioteca Comunale Sperelliana - Gubbio

Ci sono luoghi in cui la cultura non è solo patrimonio, ma gesto d’amore. La Biblioteca Sperelliana di Gubbio è uno di questi. Fondata il 10 giugno 1666 per volere del vescovo Alessandro Sperelli, che donò alla città la sua intera collezione di oltre 7.000 volumi, questa biblioteca non nacque nei salotti dell’aristocrazia, ma nel cuore vivo di una comunità che aveva bisogno di strumenti per crescere, riflettere, emanciparsi. In un’epoca in cui il sapere era privilegio di pochi, Sperelli scelse di offrirlo a tutti, immaginando - con rara lungimiranza - una biblioteca come casa aperta, come spazio di incontro e libertà.

Quella che fu tra le prime biblioteche pubbliche d’Italia, venne fin da subito affidata a una Congregazione appositamente istituita per garantirne l’accesso libero e paritario, oltre che la cura del patrimonio librario. E proprio questo spirito la rende ancora oggi “la biblioteca della comunità”: un crocevia di voci, esperienze e visioni, dove ogni scaffale raccoglie le tracce di chi ha creduto che la cultura non fosse solo un diritto, ma un’opportunità per costruire un’identità condivisa. A testimoniarlo, oggi, ci sono oltre 55.000 volumi, distribuiti tra sale moderne e fondi storici donati nei secoli da famiglie, studiosi e mecenati, come gli Armanni, i Bonfatti, i Lucarelli e i Ranghiasci.

Ma la Sperelliana è anche un luogo di rara bellezza architettonica. Ospitata all’interno dell’ex monastero olivetano di San Pietro, tra mura antiche e silenziose celle che oggi accolgono lettori curiosi, questa biblioteca è un invito alla lentezza e all’ascolto. Le luci filtrano morbide dagli alti finestroni, i salotti tematici sembrano progettati per incoraggiare la conversazione intima con un libro, e la disposizione degli spazi invita a sentirsi a casa. I globi seicenteschi di Matthäus Greuter, il fondo antico con incunaboli e cinquecentine, e i manoscritti custoditi in teche preziose raccontano non solo di un passato nobile, ma di un presente che sa ancora prenderne cura.

Entrare nella Sperelliana, oggi, significa immergersi in un’esperienza culturale unica nel suo genere: tra laboratori per bambini, spazi digitali, percorsi di lettura, mostre, incontri e un’opera costante di valorizzazione e digitalizzazione dei testi. È una biblioteca che guarda avanti, senza mai dimenticare le radici. Che parla il linguaggio dei libri, ma anche quello della comunità che li abita. Che continua, silenziosamente ma con forza, a fare della conoscenza un atto di condivisione e speranza.

Biblioteca Comunale Augusta – Perugia

C’è un luogo, nel cuore antico di Perugia, che non custodisce soltanto libri, ma custodisce memorie, battiti d’inchiostro, voci lontane che ancora sussurrano tra scaffali curvi e pareti segnate dal tempo. È la Biblioteca Augusta, uno dei più preziosi scrigni culturali dell’Umbria e tra le più antiche biblioteche pubbliche d’Italia. Ad accogliervi è il colle di Porta Sole, il punto più alto della città. Qui, tra stanze a volta, scale in pietra e il profumo inconfondibile della carta antica, ogni lettore non è ospite ma erede.

La storia dell’Augusta ha il volto e la visione di un uomo: Prospero Podiani, umanista, bibliofilo, sognatore. Nel 1582, consapevole che la conoscenza non è privilegio ma responsabilità, decise di donare la sua intera collezione libraria alla città di Perugia. Era un gesto rivoluzionario per l’epoca: quasi 10.000 volumi tra testi filosofici, religiosi, scientifici e letterari - raccolti con cura e passione - venivano consegnati al bene pubblico. Nacque così una delle primissime biblioteche civiche d’Italia, resa ufficialmente accessibile nel 1623. E da allora, l’Augusta è un luogo dove la cultura ha il volto della condivisione e della continuità.

Oggi, la biblioteca custodisce oltre 3.400 manoscritti, 1.330 incunaboli, migliaia di cinquecentine, atlanti rinascimentali, pergamene miniaturizzate e carte geografiche che raccontano il mondo com’era sognato e tracciato secoli fa. Ogni documento è un viaggio, un frammento di storia, un incontro tra civiltà. Sfogliando questi volumi si scoprono i volti di chi ha pensato, scritto, tramandato. Le gilde, le confraternite, le dispute teologiche, le esplorazioni, le rivoluzioni del pensiero: tutto è ancora qui, inciso nella pazienza di una scrittura che non voleva andare perduta.

Ad accogliere questo patrimonio è il suggestivo Palazzo Conestabile della Staffa, elegante edificio seicentesco affacciato sul cuore medievale della città. Qui, ogni dettaglio architettonico dialoga con la memoria: le sale affrescate, gli scaffali lignei, le scalinate elicoidali, la luce che filtra obliqua dalle finestre come se accarezzasse ogni volume. Nulla è lasciato al caso: lo spazio stesso diventa parte dell’esperienza, una cattedrale laica del sapere in cui ogni gesto - sfogliare, leggere, osservare - è una forma di rispetto.

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Francesco Mastrodicasa
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