Annunciano il ricorso in Cassazione le difese dei tre componenti della commissione giudicatrice condannati in Appello per falso ideologico in relazione al concorso del 2018 per l’assunzione di un addetto alla rampa all’aeroporto internazionale dell’Umbria. A risultare vincitore della procedura selettiva fu un candidato che - secondo quanto ricostruito dall’accusa - sarebbe stato il figlio di uno dei commissari, circostanza che non sarebbe stata formalmente dichiarata. Stando all’impianto accusatorio, il presidente e gli altri membri della commissione avrebbero inoltre attestato a verbale l’assenza di qualsivoglia profilo di incompatibilità, certificando una regolarità procedurale che, secondo i magistrati, non corrisponderebbe alla reale configurazione dei fatti.
L’esito della selezione diede il via, negli anni successivi, a una serie di verifiche interne e investigazioni che condussero infine al rinvio a giudizio dei tre componenti della commissione, fino alla recente pronuncia della Corte d’appello.
In primo grado, nel 2023, il Tribunale di Perugia aveva assolto tutti gli imputati con la formula più ampia prevista dal codice penale, "perché il fatto non sussiste", escludendo qualsiasi profilo di rilevanza penale nella condotta dei commissari.
La Procura generale ha tuttavia impugnato la decisione, ottenendo in secondo grado una completa riforma della sentenza. La Corte d’Appello ha infatti riconosciuto gli imputati colpevoli di falso ideologico, condannandoli a sei mesi di reclusione. La pronuncia, non definitiva, potrà ora essere sottoposta al vaglio della Corte di Cassazione.
A poche ore dalla pronuncia d’appello, le difese hanno reso noto l’intenzione di impugnare la sentenza in sede di legittimità. Gli avvocati Delfo Berretti e Paola De Pascalis, difensori di uno degli imputati, hanno espresso "totale dissenso e stupore per una decisione che riforma integralmente la pronuncia di primo grado".
I legali richiamano la precedente sentenza, ricordando che "Il Tribunale di Perugia, nel 2023, aveva assolto il nostro assistito e i coimputati con la formula più ampia prevista dal codice, 'perché il fatto non sussiste' escludendo quindi la sussistenza stessa di qualsivoglia illecito penale nella loro condotta". Ribadendo con fermezza la propria posizione, hanno aggiunto: "La sentenza di appello, quindi, che non è definitiva, sarà certamente impugnata dinanzi alla Corte di Cassazione".
La linea difensiva si chiude con un’ulteriore puntualizzazione, che mira a riaffermare la correttezza dell’operato dei commissari: "Siamo fermamente convinti che in sede di legittimità verranno riconosciute le nostre ragioni e l’assoluta correttezza dell’operato degli imputati, già pienamente accertata dal giudice di primo grado".
Nella ricostruzione adottata dai giudici d’appello, gli imputati avrebbero apposto la propria firma su atti ufficiali contenenti dichiarazioni non corrispondenti al vero circa la presenza di situazioni di potenziale incompatibilità all’interno della commissione. Una condotta che la Corte ha ritenuto idonea a integrare il reato di falso ideologico, con particolare riferimento alla responsabilità dei pubblici ufficiali in sede di attestazione formale.
La Corte ha attribuito rilievo al ruolo del commissario legato al candidato risultato vincitore e, come si legge nelle motivazioni, ha ritenuto non credibile che tale circostanza fosse sconosciuta agli altri componenti.
La condanna non ha carattere definitivo: spetterà alla Corte di Cassazione pronunciarsi su eventuali vizi di diritto e sulla correttezza della valutazione delle prove.
L’immediata comunicazione del ricorso prefigura un probabile e relativamente rapido approdo dinanzi alla Corte di Cassazione. La vicenda - che negli ultimi anni ha catturato l’attenzione dell’opinione pubblica per le presunte incompatibilità - proseguirà così il suo naturale iter giudiziario. Il giudizio di legittimità costituirà un passaggio determinante per chiarire, una volta per tutte, i nodi irrisolti del procedimento: dalla regolarità della procedura concorsuale alla possibile responsabilità penale dei commissari coinvolti.